Sorprendente Ambra alla ricerca del suo pezzo mancante

In scena per pochi giorni – dal 14 al 19 aprile -, “La misteriosa scomparsa di W” di Stefano Benni e con Ambra Angiolini fiammeggia nel cartellone dell’Elfo Puccini di Milano – come una meteora (ma con già tre anni di repliche alle spalle) da guardare con curiosità e meraviglia.
In molti, infatti, saranno stati attratti dal nome dello scrittore; tanti da quello dell’attrice ex starlette di una certa avanguardia della tv d’intrattenimento ed ora attrice a tutto tondo.

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La storia racconta di V e della spasmodica ricerca del suo pezzo mancantestanno venendo a prenderla per portarla “in un posto, dove sostituiscono i pezzi”. “Ma io non voglio farmi riparare”, questo il grido della novella Alice in un wonderland, che è già tale fin dal surreale racconto dalla curiosa storia della propria nascita – corredata da dettagli miracolosi e bene augurali: da fenomenologia epifanica.
E, così, imbottita da un’insostenibile dose di Calmadon – pittoresco nome di un improbabile psicofarmaco, ma che nulla però toglie alla vivacità del suo dire -, ripercorre le ipotesi del suo essere “un caso oscuro, tanto per la medicina tradizionale, che per quella omeopatica”.
Inizia così, la sottile sferzante satira sociale di Benni: per allusioni, con affondi nel politicaly scorrect, per poi indietreggiare in impercettibili touchées.  Quel che fa è tratteggiare un modello umano, che non si sottrae al compito di irregimentazione pur di non essere escluso da quell’ accettazione sine qua non l’uomo medio sembra non riconoscersi uno status. Felice, l’idea – alla Lewis Carroll – di mettere tutto ciò in bocca ad una ragazzina senza tempo, una sorta di manga – dall’effetto amplificato, qui, dall’ombra lunga di cotanto fantasma adolescenziale.

lamisteriosascomparsa_6Forse il trauma da ‘centramento’ – già questa: che significativa paradossale metafora… -, mentre sfrecciava, felice, sul suo triciclo rosso a poche ore soltanto dalla nascita… Forse la ricerca del pezzo mancante – “Mi chiamo Vu semplice”, ma il suo nome è puntualmente legato a quello di figure, reali o immaginarie, comunque iniziante per ‘Wu doppia’.
Di fatto la sua storia è l’estremo tentativo di trovare quel pezzo mancante, che vanificherebbe la necessità della ‘rieducazione’. E mentre snocciola il campionario dei W doppia, che hanno segnato la sua esistenza – dal nonno, che le fornisce l’occasione di sciorinare un virtuosismo su ‘vecchio e nuovo’, all’ex fidanzato troppo matematico e razionale; dall’amica/amicanemica al coniglietto d’infanzia, anch’essi dai nomi inizianti per W doppia -, V semplice sembra acquisire coscienza di sé e del mondo. Un viaggio iniziatico. Ancora una volta una ragazzina – e, ancora una volta, sul crinale fra disagio e follia – a contrattare quei compromessi, che le consentiranno di stare al mondo. Di bello c’è un finale che, pur dopo essere passato attraverso alle brutture del mondo e all’ipotesi della resa, nulla concede al cinismo per concludere invece con quella grazia e poesia, che contraddistingue l’intero spettacolo.
Nessuna piagneria, però. Ironia è la parola chiave: e sarcasmo – e all’Angiolini, quelli, non sono mai mancati.
Ma l’Ambra di oggi ci si svela anche un’attrice a tutto tondo, che, complice la direzione di Giorgio Gallione, sa stare in scena con una naturalezza quasi imbarazzante, dispensando boutades, alternando ostentato delirante candore e sbalorditiva ferocia sociale, e modulando tempi, ritmi e pause da mattatrice del palcoscenico – condizione irrinunciabile, del resto, per poter rendere fruibile e godibile un monologo dallo swing così jezzato.
Anche scene, luci e costumi fanno la loro, calandoci in un non-luogo dal candore asettico ed abbagliante – chissà, forse il bianco di un’ideale psichiatria -, acceso di dettagli a contrasto – dalla sua pettinatura onirica e nippo cartoon all’interminabile pioggia di petali vermiglio. E quei (bian)conigli: un po’ feticci d’infanzia, un po’ forse pure fantocci augurali e pubblico idealmente plaudente della doppia Wu scarlatta ad incoronare il finale.
Eppure resta l’interpretazione attorale, il pezzo forte: quel suo saper ‘parlare col corpo’ a partire dai piedi, che sapientemente contorce, fa nicchiare o libera in subitanee corse, salti, ostentamenti mimici, a cui tiene dietro l’intera figura, generosa nell’occupare uno spazio, metaforicamente altrimenti vuoto, senza l’azione donatrice di senso di quest’énfante terrible.

 

 

sala Shakespeare | 14 – 19 aprile 2015
mar-sab: 21:00 / dom: 16:30

 “LA MISTERIOSA SCOMPARSA DI W”
 di Stefano Benni
regia Giorgio Gallione
scene e costumi Guido Fiorato
musiche Paolo Silvestri
con Ambra Angiolini
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro dell’Archivolto
Francesca Romana Lino

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