Il Centro d’arte drammatica di El Kef: teatro e libertà d’espressione

Atterriamo in Tunisia attraverso una rotta percorsa e ripercorsa negli anni dal flusso migratorio che ha portato nel nostro paese un gran numero di tunisini e che in questo periodo di crisi sembra essersi in parte ridotto. Rimango sorpresa quando il mio vicino di poltrona mi racconta che dopo aver lavorato in Italia per diversi mesi, sta rientrando nel suo paese perché è più conveniente per lui lavorare e vivere in Tunisia. La visione distorta di terra promessa, inculcata dai canali TV italiani, sta perdendo il suo potere ammaliatore e dopo le esperienze dirette molti ritornano nella propria terra, nella quale è forse ancora possibile sognare un futuro migliore. Troviamo ad accoglierci un collaboratore del festival, almeno così crediamo, che subito ci affida a qualcun altro per il viaggio. E così dopo alcuni scambi di persone che entrano ed escono dall’auto senza che noi possiamo capirne bene il perché ci ritroviamo in strada verso El Kef.

Scopriamo di essere accompagnati nel nostro viaggio da un celebre regista tunisino, direttore del Centre d’Arts Dramatiques et Scéniques di Gafsa. Impossibile chiacchierare con lui, data la musica abbastanza alta e chiassosa dell’autista, quindi ci godiamo il paesaggio: colline verdi, piccoli paesini, alcune montagne più aride e rocciose, pascoli, campi.

Paesaggio di El Kef
Paesaggio di El Kef

Il viaggio è abbastanza lungo, circa tre ore. Al nostro arrivo in città veniamo subito accompagnati al Centro d’arte drammatica per conoscere il direttore e i suoi collaboratori. Tutto è in preparazione per il Festival, tecnici che montano fari, ragazzi che affiggono locandine ma nonostante tutto sembra esserci una quiete poco usuale per noi. Ci viene offerto del tè, ci spiegano che El Kef è il luogo di maggior fermento teatrale in Tunisia. Il centro ospita infatti numerose produzioni, gli studenti sono continuamente presenti, così come maestri e ospiti internazionali. Un avamposto culturale importante, a volte osteggiato dai fondamentalisti, in cui si respira aria di libertà: espressiva, culturale, politica. Ci sono due teatri, uno molto grande e l’altro più raccolto in cui faremo la nostra dimostrazione di lavoro, in più una sala molto ampia anche se un po’ buia e umida, in cui lavoreremo per il workshop. Ci invitano a vedere lo spettacolo che preannuncia il Festival, “Klem Ellil zero virgule”, una grossa produzione in cui recitano grandi attori del teatro tunisino.

Siamo ansiosi, arriviamo in anticipo, pronti a posizionarci in prima fila. Lo spettacolo è davvero interessate, un pot-pourri di molte cose messe insieme. I tre attori principali sembrano essere dei mattatori, fanno battute in lingua araba che purtroppo noi non capiamo, il tutto in modo molto classico, da teatro di prosa. Ogni tanto appaiono però delle incursioni di “teatro contemporaneo”: videoproiezioni, scene di danza con musica elettronica, che ci appaiono un po’ fuori luogo, bizzarre, non capiamo se volutamente o meno. Purtroppo non riusciamo ad apprezzare la parte migliore dello spettacolo, che consiste nella satira politica espressa dal testo e nella capacità degli attori di creare giochi di parole e doppi sensi.

Al termine dello spettacolo ci dirigiamo in albergo, un luogo caldo dove cenare. Ci aspetta una zuppa, il brik, piatto tipico tunisino, pollo con contorno di spaghetti. Non male, peccato che sarà il nostro pasto per tutta la durata del progetto!

Questa prima giornata in città ci ha incuriosito parecchio, non vediamo l’ora di iniziare il workshop, di conoscere i partecipanti e di vivere le 24 ore non stop di teatro durante il Festival.

Anna Dora Dorno

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marzo, 2024

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