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Comunicare lo spettacolo dopo il Coronavirus

Non so più nemmeno da quanti giorni siamo chiusi in casa. In questo disastro in cui tutto il mondo è precipitato e dal quale nessuno può immaginare come usciremo (anche se si producono un’infinità di parole a riguardo) ho cercato in questi giorni di dare uno sguardo ampio al mondo del teatro e soprattutto alla sua comunicazione massicciamente (e forzatamente) presente sul web.

Cerco qui di riassumere le esperienze che mi sono sembrate più utili e innovative, tra quelle che ho visto. Per provare ad immaginare come potrebbe essere la comunicazione delle performing arts “dopo”. Ma prima devo fare due premesse.

Il teatro è dal vivo, lo spettatore partecipa allo spettacolo e lo influenza moltissimo (lo ha detto molto meglio di me Fabrizio Gifuni nel bellissimo incontro/spettacolo “Dalla parte di chi guarda” organizzato a Firenze da Murmuris poche settimane prima del lockdown).

Per questo non mi appassiono vedendo spettacoli teatrali in video e trovo parecchio autoreferenziali i reading. Anche se penso che sia molto importante che i teatri e gli artisti si siano attivati per condividere cultura e intercettare un nuovo potenziale pubblico

Home sweet home

L’esperimento più interessante che mi è capitato di vedere è Home Sweet Home della Compagnia EgriBiancoDanza di Torino. Il coreografo Raphael Bianco ha chiesto ai suoi interpreti di danzare nella propria casa andando ad abitare gli spazi anche meno attraversati e conosciuti. Hanno interagito a distanza e i materiali video prodotti sono stati assemblati da un video maker. Il risultato è delizioso, guardatelo:

Comunità su Facebook

Tra le azioni da cui ripartire per una migliore comunicazione teatrale, mi piace l’idea di chi ha utilizzato i gruppi Facebook come luogo di condivisione e interazione (come il laboratorio di cittadinanza digitale L’ora d’aria di Mattia Berto per il Teatro Stabile del Veneto e DECAMERON – storie e antidoti per una buonanotte la comunità fondata da Elisabetta Carosio per darsi la buonanotte ispirata al “concept” di Boccaccio). Entrare in un gruppo FB significa “varcare la soglia” come mi ha detto Elisabetta: un atto non così scontato nei social.

Pillole

Tra i numerosissimi video online di questi giorni, ne cito due molto diversi tra loro: le video pillole di Andrèe Ruth Shammah in cui la direttrice del Teatro Franco Parenti cita i ricordi della sua incredibile storia teatrale (l’unica del suo “calibro” a “metterci la faccia”) e la rubrica “Decreto quotidiano” di Michele Sinisi dal tono scherzoso e pungente sulla situazione di confino in cui siamo tutti.

Analogico

Trovo sia molto interessante anche l’utilizzo della radio come strumento per distinguersi dalla bulimia da social network, penso a Radio India a cura di Oceano Indiano ma anche ai podcast Noi siamo qui a cura di Altre Velocità. Inoltre, hanno avuto un grande successo esperimenti telefonici come Le favole al telefono… al telefono di Campsirago Residenza e i Contagi DiVersi a cura de Il menu della poesia).

Live

E poi ci sono le dirette, attività social del momento, usata per continuare il rapporto con i propri follower ma anche per produrre pensiero. Su Facebook, ci sono alcune dirette davvero ben fatte, grazie a programmi come StreamYard, Zoom o Be.Live (perché Facebook non ti permette di avere “ospiti” nella diretta). Talmente ben fatte che sembrano talk televisivi. Personalmente, questo troppo assomigliare alla tv mi provoca una certa distanza, preferisco di parecchio il formato user friendly dei Live (anche a due) su Instagram, che sono meno invasivi perché non presenti nel feed, e per questo anche con numeri minori, ma sicuramente con utenti più attenti. Instagram poi è sicuramente meno intasato di contenuti teatrali rispetto a Instagram.

Il primo ciclo di dirette che ho seguito è Triennale Decameron, che in una prima fase (prima del lockdown completo) realizzava un interessante interazione con gli spazi del museo invitando gli artisti ad interagire con esso. Cito anche i format (su vari argomenti) “Carosello is back” di Giovanni Boccia Artieri e Paolo Iabichino, i “Personaggi della danza” di Eleonora Albrecht, “Un paese ci vuole” di Salvatore Sofia, “D come Donna” di Ilaria Barbotti.

Amukina mon amour

L’11 marzo, dopo aver innescato un certo dibattito sul teatro in video, ho pensato al format Amukina mon amour (oggi la trentunesima puntata!) che continua la sua programmazione tutti i giorni alle 15. Ecco l’archivio (realizzato grazie all’inesauribile lavoro di Martina Colucci). Ci sono talk con tantissimi artisti e operatori dello spettacolo! Qui l’archivio:

ADH Calling

E poi da qualche giorno Anghiari Dance Hub mi ha coinvolto per ADH Calling (martedì e giovedì h16 qui), una serie di abbracci virtuali con i coreografi selezionati nelle passate edizioni. Abbiamo già abbracciato Davide Valrosso e Lucrezia Gabrieli  

Prendendo spunto da queste dirette, si potrebbe ipotizzare una nuova forma di spettacolo “social” dove pubblico e performer sono presenti nello stesso tempo ma in un luogo diverso (e quindi divisi da uno schermo) ma questa dovrebbe prevedere necessariamente un’interazione. Come fare? La parola agli artisti!

E dopo?

La fase due di Amukina mon amour ha come sottotitolo “Il teatro DOPO il Coronavirus”: ho l’intenzione di chiedere ai 40 partecipanti al format un’idea, un progetto per le performing arts (e la loro comunicazione) dopo questa pandemia. Se hai un’idea scrivila nei commenti, sulla nostra pagina Facebook oppure direttamente nella piattaforma Riavvia Italia ideata da Carlo Infante, Massimo Di Leo e Gaia Riposati!

Copertina

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La Pergola ai tempi del coronavirus_ ph. Filippo Manzini
Simone Pacini

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2 commenti su “Comunicare lo spettacolo dopo il Coronavirus”

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aprile, 2024

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