“Linea desiderante”, chiacchierando con Oliviero Ponte di Pino in occasione della mostra Ubulibri

Correva l’anno 1977 quando il non ancora ventenne Oliviero Ponte di Pino iniziava la sua collaborazione col già rinomato critico Franco Quadri; e correva l’anno 1979 quando quel sodalizio – suo, come anche di Renata Molinari e poi di Cristina Ventrucci – si trasformava nella casa editrice Ubulibri, dando alle stampe il primo volume “Germania d’autunno”. Per poco meno di un decennio – Ponte Di Pino lascia ufficialmente la Ubulibri nel 1986, ma resta poi legato ad altre attività dell’Associazione come ad esempio il Premio teatrale Ubu – quella fu una straordinaria palestra, per tutti loro, oltre che un’esperienza formativa e umana. Lo hanno ricordato con trasporto all’inaugurazione della mostraLinea desiderante”, visitabile ai Laboratori Formentini di Milano, fino al 4 marzo.

Dalla serata d'inaugurazione della mostra
Dalla serata d’inaugurazione della mostra

A caldo, all’indomani dell’inaugurazione, Oliviero Ponte Di Pino ci regala una chiacchierata delle sue: con tutta la voglia e l’entusiasmo di trasmettere a chi non c’era lo spirito del tempo. Recuperare una memoria da consegnare attraverso una testimonianza empatica ed emozionale: ecco una cifra del suo magistero, che, come quella di militanza “nomade” e “sporca”, sul versante dell’attività di critico, sembra rubata al maestro di allora.

FRLino. Che cosa è la “linea desiderante”?

OlivieroPdP. Linea desiderante è la mostra che si può vedere al Laboratorio Formentini per l’Editoria di Milano fino al 4 marzo. L’esposizione è dedicata alla casa editrice Ubulibri e al suo catalogo (disponibile in versione cartacea e online). Il titolo è rubato al saggio di Jean-Paul Manganaro, che figura nel catalogo della mostra. La “linea desiderante” è quella che collega i diversi titoli della Ubulibri, ma anche quella che unisce la pagina alla scena e allo schermo, eccitando la curiosità di lettori e spettatori.

Jean-Paul Manganaro, Renata Molinari e Oliviero Ponte Di Pino
Jean-Paul Manganaro, Renata Molinari e Oliviero Ponte Di Pino

FRLino. Quindi parliamo di editoria e di cataloghi. Ne “Il teatro che credi di conoscere”, scritto a tre mani con te e Renata Molinari, la Ventrucci rileva: “Può sembrare curioso che un paladino della patafisica, il critico che ha più temerariamente attraversato i generi, si rivelasse appassionato della catalogazione”. E sembra trovare un senso di questo nel riconoscerla come “la lente migliore per ingrandire la genetica irriducibile del teatro di quegli anni”.
Ma perché oggi un pubblico di non addetti ai lavori dovrebbe vedere questa mostra?

OlivieroPdP. Perché accanto al divertimento e al piacere dello spettacolo, esiste anche una cultura dello spettacolo, che in Italia è purtroppo assai poco sviluppata. L’editore Franco Quadri, con la sua attività di critico, organizzatore ed editore ha fatto conoscere al pubblico italiano l’opera e il pensiero di artisti come Tadeusz Kantor, Pina Bausch, Rafael Spregelburd, Thomas Bernhard, Heiner Müller… La Ubulibri nella collana dei Libri quadrati ha dedicato monografie riccamente illustrate alla carriera di registi come Rainer Werner Fassbinder, Bernardo Bertolucci, François Truffaut, Sergio Leone
Sono opere indispensabili per chi voglia capire quello che sta dietro al nostro “Mi piace”.

FRLino. Parlando invece di Franco Quadri come critico, Renata Molinari ha usato parole come “nomadismo” e “militanza”, termini non così consueti per quella generazione di critici…

OlivieroPdP. Nomadismo si riferisce alla vitalità di Quadri, che era un instancabile viaggiatore, in Italia e in Europa, alla ricerca del nuovo teatrale. Si riferisce anche alla sua capacità di spaziare in territori diversi: il Patalogo, l’annuario dello spettacolo, che è il fulcro del progetto della casa editrice, agli inizi copriva il teatro, l’opera, il cinema, la televisione, la danza, la musica, con incursioni nel pop e nel pettegolezzo, in un travolgente mix di alto e basso, tradizione e avanguardia.

Copertina della prima edizione del "Patalogo"
Copertina della prima edizione del “Patalogo”

FRLino. A tal proposito, sempre la Molinari ha ricordato il motto di Quadri: “nel progresso, l’impossibilità di dimenticare”, specificando: “In questo progresso diventa fondamentale individuare le tendenze espressive, da non confondersi con le mode”. Come a dire: ben venga mixare alto e basso, ma senza confondere tendenze con mode. Come si fa?

OlivieroPdP. Ovviamente le mode sono effimere mentre le tendenze segnano una prospettiva di lungo periodo. In questo Quadri non era un critico manicheo, paladino del nuovo e dell’avanguardia a tutti i costi. Aveva un grande amore e rispetto per la tradizione: per esempio, un autentico culto per una “signora della scena” come Sarah Ferrati. Per tornare al Patalogo, era il frutto di un gigantesco lavoro di raccolta materiali (per esempio i cast e una selezione della rassegna stampa di tutta la produzione della stazione teatrale o cinematografica della stagione), di analisi e di selezione. Nel loro metodo, Quadri e Gianni Buttafava, gli inventori dell’annuario, avevano creato una specie di prototipo di blog. Da questa meticolosa mappatura emergevano le tendenze, da evidenziare e approfondire, ma anche le mode, su cui sfogare la propria ironia, magari attraverso accostamenti irriverenti e provocatori.

FRLino. Quel che affiora da queste parole è il tratteggio di un uomo dal carattere e dalla personalità sfaccetta. Che tipo di maestro è stato Franco Quadri?

OlivieroPdP. Se si guardano i risultati, la “bottega” della Ubulibri è stata una scuola straordinaria. L’ha scritto anche Aldo Grasso: molti ragazzi che come me si sono formati in quella scombinata redazione hanno avuto brillanti carriere nell’editoria o nei giornalismo.
Anche se in apparenza Quadri non aveva nulla del maestro paziente e paterno. Come ha detto Renata Molinari durante la presentazione, il suo motto era “La perfezione non è di questo mondo ma il perfezionismo sì”. Dunque era esigentissimo e spesso dispotico. Le cose bisognava farle bene, come le avrebbe fatte lui. Anche non ti spiegava quello che voleva. Dovevi capirlo da solo. E se non ci arrivavi, rifacevi tutto finché non gli andava bene.

Oliviero Ponto Di Pino
Oliviero Ponto Di Pino

FRLino. La Molinari ricordava come “Quadri” ha affrontato “anche la questione della comunità teatrale” e “del ruolo dello spettatore nella ricerca teatrale”. Al pubblico teatrale, che eredità ha lasciato Franco Quadri?

OlivieroPdP. Prima di Franco Quadri, la critica teatrale era soprattutto critica del testo. Con lui è diventata critica dello spettacolo, in parallelo con l’evoluzione della scena. Ha fatto conoscere, spesso pagando di tasca propria, alcuni tra gli artisti più importanti degli ultimi decenni. Ha dato alla cultura dello spettacolo una dignità che non aveva mai avuto.

FRLino. E questo ha a che fare anche con quel “nomadismo” – la Ventrucci lo definisce “il girovagare di Quadri” – di cui si diceva. Cos’ha cambiato, Quadri, nell’immaginario del pubblico, rispetto alla figura del critico?

OlivieroPdP. Certamente Franco Quadri ha operato in una situazione molto diversa da quella attuale, in un mondo in cui i giornali aveva ancora un grande peso, in cui il ruolo della critica era riconosciuto dagli artisti e dal pubblico e il teatro – anche se in profondo rinnovamento – restava un oggetto in fondo riconoscibile. Il suo “sporcarsi le mani”, cioè non limitarsi a scrivere o parlare degli artisti che stimava, ma adoperarsi a farli conoscere anche a livello di organizzatore o direttore di festival, ha suscitato all’epoca qualche polemica (magari con critici che si sporcavano le mani senza dichiararlo). Oggi la figura del critico appare insieme più fragile e più ibrida. Per molti critici online, “sporcarsi le mani” collaborando con festival, teatri e compagnie è diventata una strategia di sopravvivenza economica. E’ una tendenza che non riguarda solo la critica teatrale (basti pensare ai settori come i viaggi o la gastronomia), e che evidentemente pone qualche problema deontologico e di difesa del consumatore.

FRLino. Ben detto: per molti critici on line “sporcarsi le mani […] è diventata una strategia di sopravvivenza economica”, anche – oltre che un modo di intendere la propria militanza.
Ma dove corre, la linea sottile fra “far conoscere”, “collaborare” e “perdere oggettività – e credibilità – eventualmente”? Quadri come si poneva rispetto a questo?

OlivieroPdP. Quadri ha avuto un ruolo importante anche per il rapporto che ha avuto con molti artisti. Lo hanno riconosciuto per esempio Luca Ronconi (“Il legame con Franco passava anche attraverso la scelta dei testi. (…) Avendo una fiducia totale in Franco, leggevo un testo e mi piaceva e cercavo di metterlo in scena. Non tanto nei primissimi anni, ma già al tempo di Prato mi piaceva pensare che Franco lavorasse con me un po’ come fa in Germania il Dramaturg.”) e Federico Tiezzi (“Allora, con lui, l’esperienza di formazione fu reciproca, due tendenze che s’incontravano: la sua legata alla memoria del teatro “già” andato in scena, la mia violentemente azzeccatrice, rivolta al futuro e alle infinite possibilità della scena non ancora creata; la sua, puntuale alla specificità del teatro, la mia onnivora di presenze mescolatrici, di linguaggio espanso. Ci si tuffava nel teatro come nella vita, ma per amore di una vita differente”). Personalmente mi sono ispirato alla sua lezione, seguendo alcuni artisti nel corso della loro carriera, al di là degli alti e bassi, degli spettacoli più o meno riusciti. Credo che molti dei saggi che ho scritto siano il frutto di una attenzione di questo tipo. Nei casi migliori, il dialogo tra artista e critico (e non vale solo per il teatro) arricchisce entrambi.

FRLino. Quindi a favore di una critica “embedded” , cioè di un’azione critica di professionisti che seguano in modo costante il lavoro di un artista/compagnia, testimoniandone il percorso artistico, ma anche fungendone da “primo spettatore”. E per quanto riguarda il supporto organizzativo?

OlivieroPdP. Quadri era come me senz’altro più interessato agli aspetti estetici che a quelli organizzativi e politici, ma era tuttavia consapevole della loro importanza. Tra i volumi che ha curato, c’è “Il teatro del regime”, una polemica riflessione sulla degenerazione del sistema teatrale italiano negli anni Settanta. Ha organizzato nel 1967 e nel 1987 le due edizioni del Convegno di Ivrea, dove il nuovo teatro affrontava questioni artistiche ma anche produttive, distributive eccetera. Il lavoro che facciamo con Mimma Gallina organizzando le Buone Pratiche del Teatro riprende alcuni di questi spunti, tenendo conto della riflessione di un altro maestro (di Mimma oltre che mio), Giorgio Guazzotti.

Ringraziando Oliviero Ponte Di Pino, per gli interessati ricordiamo che la mostra resterà aperta fino al 4 marzo. La prossima edizione delle Buone Pratiche, invece, giusto sabato 27 febbraio, sempre qui a Milano.
Prima di accomiatarmi, non posso non condividere questa chicca: una foto d’epoca.

Oliviero Ponte Di Pino. Renata Molinari e Emanuela Canali
Oliviero Ponte Di Pino. Renata Molinari e Emanuela Canali

Correva l’anno 1982 e i ragazzi sono, da sinistra, un giovanissimo Oliviero Ponte Di Pino in goliardica posa Glenn Gould, Renata Molinari e Emanuela Canali. Ragazzi di allora, che conservano ancora quella stessa contagiosa passione e l’entusiasmo, consolidati da non poche lune di esperienza, professionalità e militanza, che hanno fatto sì che, intervenendo all’inaugurazione della mostra mostra, Ponte Di Pino esordisse: “Vi parlerò di numeri, perché se no mi commuovo…”.
Forse era solo un gioco, una boutade ad usum dei tanti amici presenti; o forse la sua personale declinazione di quella linea desiderante che non ha ancora smesso di palpitare.

Francesca Romana Lino

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marzo, 2024

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