ScienzaInScena si tinge di rosa

Si parla tanto di divulgazione scientifica e anche delle nuove frontiere del teatro. Si fa presto a bollarlo come desueto e pensare che il solo modo per salvarlo sia quello di snaturarlo – questo è il personalissimo parere di chi scrive -, spingendolo verso una modalità sempre più installativo-performativa. “E, se non ci sono attori, è pure meglio…”, commentano gli avanguardisti, estasiati da quelle forme sperimentali, in cui droni, cuffie e aggeggi per interposta persona s’impossessano della scena; azioni corali, spesso, in cui è il pubblico a far da protagonista. Coinvolto, questo, in una fruizione aumentata, deflagrata, una volta per tutte, la quarta parete, il teatro spesso si risolve in una sorta di gioco interattivo, in cui non sentiamo più il bisogno del dialogo con quell’altro, che, in scena, innesca, e a suo modo espia, la funzione catartica del rispecchiamento. Siamo abituati alle istruzioni impartite da voci artificiali: così nelle app e nei video giochi; così anche negli annunci on the air non solo in radio e in televisione, ma anche nelle stazioni metropolitane, ferroviarie, areoportuali e perfino nei centri commerciali, in cui si consumano, volenti o nolenti, stralci della quotidianità condivisa. Ci viene spontanea questa sorta d’interazione, che ci consente pure di esercitare quel diritto alla cinestesia, che sembra essere assurto fra i diritti inalienabili dell’uomo contemporaneo. Così il teatro alla vecchia maniera spesso sa di scostante e stantio. 
Eppure la scommessa è che un altro modo è possibile
. Da sempre il teatro ha, infatti, saputo piegare il suo modus universalizzante ed exemplificativo a lente d’ingrandimento del reale. E così è che, accanto agli sperimentalismi segnico-strutturali, c’è anche chi si sforza di capire in cosa metterlo a frutto in modo efficace, questo che, a torto o a ragione, resta un anacronismo, sì, ma per molti ancora necessario.

La risposta di Pacta dei Teatri, compagine milanese attiva già dal 2002, da molte stagioni si declina, accanto a una proposta più tradizionale, nei due filoni ScianzaInMatematica e TeatroDonneDiritti, con valenza rispettivamente scientifico-divulgativa e socio-testimoniale; fino a questo “ScienzaInSciena Atto1!”, primo festival teatrale meneghino a occuparsi di scienza e divulgazione.

Massimo Mazzotti, professore di storia della scienza dell’Università di California, Berkeley e biografo dell’Agnesi, le matematiche Paola Magnaghi, e Tullia Norando, Politecnino di Milano, Giuseppe Girgenti, filosofo dell’ Università San Raffaele e Maurizio Pisati, compositore e autore delle musiche. e Genni Maria D’Aquino

Sei spettacoli (fra cui uno per bambini) e incontri di approfondimento col pubblico, una mostra e worskshop mirati. Brillano, per comunione d’intenti e capacità di spostare la tematica divulgativo scientifica al tema femminile, “Conversazioni. Incontro con Maria Gaetana Agnesi” di e con Maria Eugenia D’Aquino – attrice, regista e agitatrice culturale, oltre che organizzatrice e direttrice artistica della compagnia – e “Corpi Impuri” di e con Marinella Manicardi, in collaborazione col Festivalfilosofia, Centro documentazione donna Modena.

Intanto i punti di contatto. In ambo i casi un’attrice sola, in scena, ad evocare vissuti a più voci: e che siano quelli dei co-protagoniti della biografia della scienziata, filosofa, divulgatrice e filantropa settecentesca o quelli di tutte noi donne e, attraverso noi, anche degli uomini, nostri compagni dell’ umana avventura, poco conta. E poi, in entrambi i casi, una passione, per quel che si porta in scena, modulata fra attenzione, garbo e ironia, dove l’intento divulgativo e la cura scientifico-documentale non lasciano mai di accompagnarsi ad un’arguzia fustigatrice di certi costumi.

Maria Eugenia D’Aquino nei panni di Maria Gaetana Agnesi

Così la D’Aquino li veste davvero i settecenteschi abiti di Maria Gaetana Agnesi, primogenita dei 21 figli del commerciante meneghino Pietro, che proprio attraverso i suoi primi tre geniali enfants prodige – quello dei bambini prodigio, uno dei fenomeni dell’epoca -, cercò di ritagliarsi un posto all’interno di quell’aristocrazia milanese, che non nulla concedeva ai pervenus. Il racconto della biografia della precocissima poliglotta – ora in prima o in terza persona, alternando recitazione e lettura documentale, le musiche originali di Maurizio Pisati e luci che tornano, puntualmente, ad accendersi su una platea, che non è solo di passivi astanti – diventa occasione anche per sferzare certi usi e costumi e ipocrisie sociali e per interrogarsi sulla figura di quest’intellettuale poco conosciuta e che, in effetti, concepì e visse quest’aspetto della sua formazione giovanile come un corollario alla propria vocazione pietistico-sociale. Di lei la D’Aquino, infatti, continua a ripeterlo: “Non brutta, né bella”, come da testimonianze documentali, quasi a tratteggiare un dipinto discordante con quella milano salottiera, ma invasa, nelle sue strade, da una desolazione socio-economica devastante. È questo, ciò che colpisce di Maria Gaetana: certo un temperamento differente, se non scende per le strade come una Madre Teresa, da un’altra Teresa, l’imperatrice d’Austria, prende in prestito un piglio che fa di lei una studiosa illuminata sì, ma a fini divulgativi, e poi una donna impegnata sul fronte assistenziale a livello organizzativo e a suo modo managerial-meneghino ante litteram, nonostante la sua indole apparentemente dimessa – non a caso, la D’Aquino, quando si domanda il motivo del fascino esercitato dalla Agnesi, crede d’indovinarlo nel connubio fra una cultura profonda ed esercitata, anche nei salotti, ma senza sfoggio, e quelle doti di obbediente arrendevolezza che si addicevano alle fanciulle del tempo. Ma si sofferma di più sull’aspetto scientifico-salottiero: e questo le dà modo d’inserirlo direttamente in questa lezione pantomimica, il contributo scientifico di ospiti quali Massimo Mazzotti, professore di storia della scienza dell’Università di California, Berkeley e biografo dell’Agnesi, le matematiche Paola Magnaghi e Tullia Norando, docenti del Politecnico di Milano, Giuseppe Girgenti, filosofo dell’ Università San Raffaele e Maurizio Pisati, compositore e autore delle musiche.

CORPI IMPURI Marinella Manicardi

Lo spettacolo delle serate immediatamente successive è “Corpi Impuri”, in scena fino al 26 gennaio 2018, gustoso monologo di e con Marinella Manicardi. Si apre con una dichiarazione d’intenti: affrontare uno degli ultimi tabù contemporanei – le mestruazioni – e farlo, però, da teatrante. E questo è: quasi un gioco da guitto della Commedia dell’Arte – un po’ alla Lella Costa e, prima ancora, alla Bica Valori, ma poi è impossibile non pensare a Dario Fo e a Franca Rame -, in cui, fra serio e faceto, vengono ripercorsi gli stilemi e gli stigmi dell’ipocrisia e, in fondo, della paura contemporanea. Si affonda nella sostanziale ignoranza – in senso storico – e relativamente recente acquisizione di quelle conoscenze sulla questione scientifico riproduttiva che tutti oramai diamo per scontate; si sprofonda e riemerge – questa è la scommessa – in un oggi che chissà se poi è davvero così sostanzialmente diverso dall’oscurantismo dei secoli più bui. Si attraversano gli esilaranti strali di una accennata storia dei costumi e del costume in filigrana alla storia del teatro per macro appuntamenti, senza dimenticare la ruspante voce della nonna contadina della bassa, ma anche i momenti di divertita ironia o i picchi di pathos, che l’esser donna può voler dire. Anche in questo caso, lo spettacolo idealmente si chiude con testimonianze dirette, ciascuno alla sua maniera: da quella ancora sulle corde leggere, ma non per questo meno serie, dell’anestesista, rianimatrice, e terapista del Dolore Mercedes Lanzilotta alle più composte Alberta Ferrari, chirurga, senologa ideatrice e referente scientifica di aBRCAdaBRA (onlus per i diritti delle persone con mutazione genetica BRCA in Italia) o Cristina Obber, giornalista e scrittrice tra le fondatrici della Rete Rebel Network, formatrice su violenza di genere e diritti e ideatrice di progetti per le scuole.

ScienzaInScena ATTO 1!” si chiuderà nel week end con “Starlight” di e con Filippo Tognazzo.

Francesca Romana Lino

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marzo, 2024

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