Stephen Mottram: la mani del burattinaio e la nascita della vita

Il teatro – come tutto, si sa… – bisogna farlo bene. Se questo è un asserto facilmente condivisibile già di per sé, lo diventa ancor di più quando ci si trovi davanti a quel tipo di rappresentazione, che più facilmente potrebbe essere fraintesa o banalizzata. Lo sanno bene, i comici, quanto sia difficile far ridere; e lo sanno bene i compositori di pezzi brillanti, che devono, gli uni come gli altri, saper calibrare al meglio tempi, cambio di ritmo, arguzia, affondi nel corto circuito di (non)senso e prosaicità. Qualcosa di simile capita anche a chiunque abbia a che fare con generi facilmente equivocabili e sbrigativamente archiviabili, per certi aspetti, come i cartoni animati, i fumetti o l’arte delle marionette.

Così mentre in alcune sale cinematografiche di film d’essai di tutt’intera sta passando “La tartaruga rossa” di Michael Dudok De Wit (candidato a vari oscar e nato da un lavoro lungo e prezioso di disegni ad acquerello e carboncino), a Milano assistiamo ad un rifiorire di Teatro di Figura. Numerosi, gli esempi: dalla consolidata tradizione della Compagnia Marionettistica Carlo Colla e Figli, con un proprio teatro e un laboratorio di produzione nella zona sud di Milano, al Teatro Verdi/Teatro del Buratto (nome che allude al panno da cui, per metonimia, deriva il termine “burattino”), che dedica una parte della sua stagione a IF Festival Internazionale Teatro di Immagine e Figura. E poi alcuni eventi sporadici, ma non certo minori. Mimmo Cuticchio, ad esempio, celeberrimo puparo, che proprio in quel Teatro Gerolamo, in cui esordivano, agli albori del “900, le marionette dei Colla, il 10 e 11 aprile porterà i suoi pupi e, il 5 e 6 aprile, allo Spazio Teatro No’hma di Teresa Pomodoro, è andato in scena questo “The seas of the organillo” di e con Stephen Mottram, dopo il debutto milanese, nello scorso dicembre, proprio al Teatro Verdi.

Organillo_Magician

 

Quel che stupisce, di questo genere di spettacoli, è la poesia e l’incanto che sanno ancora evocare e suscitare, quando siano ben fatti. In barba alla sbornia iconografica e iper realistica, a cui la comunicazione virtuale, la realtà aumentata e le tecnologie digitali ci hanno abituati e, spesso assuefatti, fa sempre meraviglia scoprire come un oggetto, che per convenzione sta per questo o quello, poi all’improvviso si animi e sembri vivere di vita propria, nonostante l’evidente falso condiviso dell’essere solo nelle mani di.

E, questo, lo mostra bene “The seas of the organillo”, che, scelto di raccontare la storia della vita, lo fa recuperando l’elemento primigenio dell’acqua. Richiamandosi a “Le teorie della scimmia acquatica” di Elaine Morgan e al libro di Lennart Nilsson “Un bambino è nato”, ci accompagna, con un incanto e una poesia, sospesa, di suoni e immagini, in questo locus ancestrale, in cui la vita nacque e si evolse. Anzitutto l’organetto (l’organillo del titolo, anch’esso, come i burattini e le macchine sceniche, costruito dallo stesso Mottram), che, già così rievoca certe atmosfere infantili da fiera di paese. Eppure nella partitura ed esecuzione di Sebastian Castagna si trasforma in uno strumento versatile, da cui il musicista riesce a trarre suoni surreali, contro partitura e accento del costarne rumoreggiare del sottofondo marino. Ma protagonista assolute sono loro, queste minuscole sculture snodate, capaci di una grazia e di una leggiadria inimmaginabili a vedere le mani (grandi e forti) del loro fautore. Stupisce la grazia con cui le muove, animandole di un’espressività cangiante, che non hanno, ma che riescono ugualmente a comunicare, fra le sue mani. E’ la fluidità di movimenti sottili e di micro fremiti, ottenuti grazie non solo alla manualità del burattinaio, ma anche all’abilità dell’inventore capace di creare minuscoli, ma efficaci meccanismi, traditi, in parte, solo dal ronzio che emettono.

organillo_vitaMottram in fondo è un illusionista: questa, la sensazione. E, questo, è quel che vuol dirci anche attraverso effettivi giochi di prestigio. Dalla levitazione, che allude, forse alla creazione ex nihilo, alla moltiplicazione molecolare delle sfere-uovo atomi primordiali (dalla cui buccia, con suggestivo passaggio di teatro d’ombra, affiora la doppia spirale del DNA), è tutto un gioco di prestigio con tanto di citazione del drappo porpora sotto cui nascondere la magia, che si sta compiendo. Ma se il burattinaio è un illusionista, non meno lo è, così sembra dirci, quel “gran burattinaio”, che ha creato tutte le cose. Possiamo intravvederlo nelle mani enormi, che, quasi citazione della Genesi, se non propriamente creano la materia, però la proteggono come solo un dio-madre saprebbe fare. E procede così, questo dio minore dell’artificio illusionistico. Complice anche un attento e accurato disegno luci (ora realistico e declinato nei toni marini del blu e del verde, ora metafisico, nella sospensione surreale di un nero, che rivela ma al tempo stesso sublima il gioco in una sospensione senza tempo), questo burattinaio/magician crea suggestioni, mondi, partiture visive, attraverso cui narrare la storia della vita. Con tanto di soffio vitale, meravigliosamente rappresentato da quella biglia, che scappa all’in su, come fosse un’autentica bolla d’ossigeno, o essenza della vita, a restituirsi a quelle mani grandi, glorioso porto di quiete di ogni creatura. Eppure è anche il racconto di un bagaglio comune di nozioni e di un patrimonio di credenze sedimentate in quella memoria comune, che, forse, solo il suono ingenuamente ammaliatore di un organillo sa rievocare in ciascuno di noi.

Spazio Teatro NO’HMA Teresa Pomodoro
5 e 6 aprile, ore 21

PREMIO INTERNAZIONALE “IL TEATRO NUDO” DI TERESA POMODORO

“THE SEAS OF ORGANILLO”

Di e con
Stephen Mottram

Regia di
Deana Rankin

Musiche di
Sebastian Castagna

Francesca Romana Lino

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marzo, 2024

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