“Uovo – Performing Arts Festival”: 5 giorni di cool-tura a Milano

Una conferenza stampa volta al segno della sintesi e dell’efficacia, quella di stamane, a Palazzo Marino, per presentare la dodicesima edizione di “Uovo. Performing Arts Festival”.

Gli intervenuti, gli assessori Filippo Dal Corno e Cristina Cappellini ed il direttore artistico Umberto Angelini, sono stati concordi nel sottolineare alcuni aspetti fondamentali: l’internazionalità dell’evento, anzitutto. Si tratta di 20 artisti provenienti da 9 Paesi (Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Croazia, Stati Uniti, Olanda, Israele e Germania): cosa che non solo offrirà visibilità internazionale alle nostre giovani eccellenze artistiche, ma consentirà al pubblico milanese di captare quali fervori si muovano al di fuori del nostro Paese. Oltre all’internazionalità, altro punto di forza è lo scegliere di fare del pubblico il protagonista di performance in luoghi del tessuto cittadino, ma non tradizionalmente adibiti a tale genere di esperienze: basti pensare a “Luoghi non convenzionali” e lavori “fuori-formato” (dal 19 al 22 marzo), con  vari appuntamenti di site-specific, fra cui “The Quiet Volum” di Ant Hampton e Tim Etchells, in cui, due spettatori alla volta, verranno introdotti in un’esperienza di teatro interattivo in Sormani: all’interno del quotidiano dispiegarsi delle normali routines di attenzione e silenzio, tipiche di una biblioteca. Da ultimo, lo stesso Dal Corno ha ricordato la performance di Strasse, “Solo” (dal 20 al 23 marzo), che, svelando solo all’ultimo il luogo preposto per la performance, s’inserisce nel palinsesto di “Primavera Milano”. Sulla stessa linea, anche l’assessore Cristina Cappellini, che ne ha, in più, ricordato la presentazione all’interno di NEXT 2013 – Borsa per lo spettacolo.

Umberto Angelini, dal canto suo, ha sottolineato pure gli aspetti di commistione: luoghi tradizionali della fruizione – la Triennale, ad esempio – e luoghi urbani normalmente adibiti ad altro; nuove forze e proposte artistiche a fronte di proposte che vanno indietro nel tempo – (senza titolo) (2000) di Tino Sehgal – a marcare il territorio di quella memoria del contemporaneo, che è sempre più coscienza ricorrente a livello di percezione europea. E, su tutto, la centralità dello spettatore: che invitato a trascorrere del tempo in uno spazio pubblico e gli vien chiesto di farlo in modo non convenzionale. Da ultima, la testimonianza di Carlo Boccadoro – con la sua performance al pianoforte di 24 brani di Stockhausen, da eseguire di seguito, per una durata complessiva di 2 ore e mezza -, che racconta di come il pubblico sia assolutamente libero di fluire, ascoltare, arrivare ed andar via quando meglio lo desideri; ma che, nelle due precedenti tappe di Roma e Venezia, non ha mai assistito a nessun abbandono, nonostante la radicalità delle sonorità di questo compositore, per quanto qui raddolcite e rarefatte. E, con lui, quella di Valentina Sansone col suo progetto “Performance as Sculpture”. Che si pone, entro il contenitore “Uovo”, come un’ulteriore contenitore che offre spazio alla riflessione sulle tecniche narrative.

E poi ancora Francesca Foscarini, vincitrice del Premio Equilibrio Roma 2013 per l’interprete, che con “Gut Gift” (foto, 20 marzo) crea, con la coreograta israeliana Yasmeen Godder, una partitura sul gioco delle percezioni e su cià che è autentico e vero nel gioco delle percezioni; ma anche Yérome Bel – “Shitology” (20 marzo), in cui sono le T-shirt coi loro slogan a farsi protagoniste ed il rapporto performer-spettatore viene fatto cortocircuitare dal puntello dell’ironia -, Romeo Castellucci – “Attore, il tuo nome non è esatto” (22 e 23 marzo), sul demone della possessione attorale e della strumentalità del corpo della dramatis persona – e gli altri.

Ad animare la prossima settimana milanese: dal 19 al 23 marzo, in giro per il capoluogo lombardo.

Francesca Romana Lino

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marzo, 2024

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