Cenerentola non è (più) una fiaba. È un varco. Una fenditura nel reale, dice Armando Punzo. Una possibilità radicale: non più la giovane vittima da riscattare, ma l’alchimia di una trasformazione che riguarda tutti. Cenerentola è principio vitale, dice ancora Punzo, è arte, è scienza, è la verità di una visione che non si arrende all’ovvio.
Dal 25 al 28 luglio nella Fortezza Medicea / Casa di Reclusione di Volterra e il 1° agosto al Teatro Persio Flacco, va in scena Cenerentola – L’arte, la scienza e la conoscenza [foto di copertina: Atlantis (2024) – Nico Rossi], il nuovo lavoro della Compagnia della Fortezza (biglietti qui, per l’ingresso in carcere è necessaria l’autorizzazione). Un’opera che supera la narrazione consolatoria della fiaba per interrogare il nostro presente: la cenere che la ricopre è quella di un mondo che brucia per far posto a un altro. Ma serve il coraggio del sogno ad occhi aperti, serve immaginare davvero, come Bloch, come gli umanisti e gli scienziati evocati nel testo. Serve la fame.
E infatti, a seguire, il 27 e 28 luglio sempre nella Fortezza e il 29 luglio al Teatro di San Pietro, debutta anche Fame, primo studio ispirato al romanzo di Hamsun Knut. Un monologo interpretato da Paul Cocian, storico attore della Fortezza, in un viaggio fisico e spirituale dentro la voragine del desiderio, dentro quella fame che non è bisogno ma urgenza. Urgenza di essere altro da sé, urgenza di crearsi, fame di senso.
Punzo ci racconta la lettura del romanzo come un’esperienza intima, quasi segreta, eppure necessaria da condividere, perché Fame non è solo una storia individuale: è la storia. Quella dell’umanità che resiste al compromesso, che cerca una nuova misura dell’uomo e dell’arte. Fame è un esercizio di libertà, una fame “disperatamente felice”, una creazione in atto che – come sempre nel teatro della Fortezza – nasce dal corpo a corpo tra letteratura, biografia, e possibilità.
Due spettacoli, due traiettorie. Entrambe dentro e oltre la Fortezza. Entrambe capaci di farci specchiare in una Cenerentola che non vuole più essere salvata. E in una fame che non ha paura della vertigine.
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