Salvo Lombardo: “Opporsi alla semplificazione è un atto politico”

Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre Roma ha ospitato la quinta edizione di Interazioni Festival, diretto da Salvo Lombardo e organizzato da Chiasma (nella foto di Carolina Farina: Ilenia Caleo nella performance Lesbos Λέσβος 2174). Un cartellone che ha intrecciato danza, performance, talk, workshop e prime nazionali, attraversando Centrale Preneste e, per la prima volta, lo Spazio Diamante. Ho chiesto a Salvo Lombardo di raccontarci le visioni e le tensioni che hanno animato questa edizione.

Simone Pacini: Il titolo di questa edizione è “Piène”, scelto in antifrasi. Come nasce questa parola-guida e in che modo ha orientato la curatela del programma, tra luminescenze e graffi, come li definisci tu?

Salvo Lombardo: Quando abbiamo scelto “Piène” come titolo di questa edizione, abbiamo nominato semplicemente un antidoto al diffuso senso di svuotamento di questo tempo. Abbiamo evocato la pienezza di corsi d’acqua pronti a tracimare e quella di un plenilunio che favorisse l’innalzarsi della marea. Non potevamo immaginare che questo sarebbe letteralmente accaduto, nello stesso frangente del nostro festival, prendendo la forma di una mobilitazione di impatto globale, di una fiumana in movimento. Interazioni ha voluto farsi attraversare anche da questo cercando, come possibile e come dovuto, di mantenere desta l’attenzione, durante sei giornate di programmazione cariche di segni e di emozioni intense.  

foto: Carolina Farina

SP: Roma è il terreno in cui Interazioni mette radici ma anche quello che spesso rende difficile il lavoro di un festival indipendente. Qual è oggi, secondo te, il rapporto tra la città e le pratiche artistiche che il festival porta in scena?

SL: Sviluppare un Festival come il nostro, impiantato nella città di Roma è assai complesso per una serie di ragioni di tipo sistemico, per la discontinuità dei finanziamenti degli enti pubblici locali a cui il nostro festival è sottoposto e soprattutto per le complessità date dalla scarsezza di spazi destinati alla fruizione dei linguaggi contemporanei.Non avendo uno spazio nostro – come la maggior parte degli organismi che operano in questa città – la nostra programmazione si struttura a partire dall’utilizzo di spazi molto eterogenei che implicano relazioni diversificate (affitto degli spazi e più raramente co-progettazioni e forme di ospitalità).
Tuttavia la nostra ambizione è quella di non perdere un fuoco su quanto accade a Roma in termini di processualità artistiche, di pensieri e forme di attivismo che dai discorsi tracimano nelle pratiche (anche artistiche) e che rendono la città, da sempre, un laboratorio permanente e diffuso, seppure disperso e frammentato, di commistione di pratiche e linguaggi.

SP: Parli spesso di “attivare il pensiero” senza voler sciogliere i nodi della complessità. In un tempo in i linguaggi sono diventati sempre più chiari e diretti, pensi che questo rifiuto alla semplificazione sia una forma di resistenza politica?

SL: Opporsi alla semplificazione estrema, sì, è un atto di tipo politico, in un frangente – quello che stiamo vivendo – che nasconde dietro la trita retorica dell’immediatezza e della facile comprensione tutto un sistema ben studiato di mistificazioni, distorsioni del reale, manipolazioni del linguaggio e dunque di controllo dei saperi e delle forme di espressione e di conseguenza anche del dissenso.
Il reale è complesso, un groviglio di pieghe e di nodi, in alcuni casi indistricabili. Ciascuna di queste pieghe pone problemi specifici, tutti urgenti e prepotentemente contemporanei e richiede, pertanto, strumenti interpretativi adeguati. Le identità stesse – qualsiasi sia il significato che attribuiamo a questa categoria – come anche i corpi, riflettono come in un prisma la realtà sfaccettata e sempre mutevole dei soggetti. Questo presuppone un modo di stare e di orientarsi nel mondo capace di riposizionare pazientemente lo sguardo, di cambiare frequentemente le lenti con cui osserviamo le cose, di riformulare sapientemente i nostri lessici per nominare le cose.
Il pensiero, dunque, si attiva quando il reale è incorporato e quando le sue interpretazioni sfuggono i facili binarismi.

Simone Pacini

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ottobre, 2025

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