Scimmie Nude oltre il cromosoma Y

“CROMOSOMIE – spettacolo sui generi(s)” di Gaddo Bagnoli, mirabilmente interpretato da Andrea Magnelli, ha debuttato al Teatro della Contraddizione di Milano il 24 marzo – in replica fino a domenica 29.
L’idea drammaturgica è chiara: parlare dei ‘generi’ senza passare per l’indagine sociale. Non è un intento reportistico o documentale, infatti, quel che muove Le Scimmie Nude – la compagnia teatrale, di cui fanno parte anche Claudia Franceschetti e Marco Olivieri ed il cui lavoro di ricerca sotto i numi tutelari di Mejerchol’d, Grotowski, William James ed Antonin Artaud ha raccolto un importante riconoscimento, aggiudicandosi il Premio del Pubblico nel FIT Festival, Canada 2013. E, meno che mai, il loro interesse va nella direzione della denuncia – rischio pur corso, confidano, nella fase preparatoria, transitata anche attraverso un lavoro di ricerca e di confronto con esponenti dei differenti modi d’intendere il proprio genere e di vivere la sessualità.

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Al contrario la  curiosità qui si focalizza proprio su quella naturale confluenza fra maschile e femminile, che spontaneamente convive in ciascuno di noi e che già le filosofie antiche individuarono, esprimendolo nella coincidentia oppositorum – come testimoniano la sintesi di yin e yang o il mito greco dell’androgino, che lo stesso Platone, nel suo “Simposio”, mise in bocca al poeta Aristofane. Un interesse antropologico, quindi, e culturale – oltre che profondamente basato su un’esperienza individuale e condivisa.

In un mondo, in cui i rapporti si complicano – dalla famiglia tradizionale siamo transitati per quella ‘allargata’ fino ad approdare alla costellazione delle più variegate ‘famiglie arcobaleno’ -, anche l’identità di genere diventa campo d’indagine: non a caso il testo stesso parla di “donno e uoma”  – ma anche di “doma e mouo” -, nel tentativo di declinare tutte le possibilità espressive del binomio.
E’ come se fossimo regrediti all’abc, in questa lallazione messa in scena ‘ab ovo’ – nel senso letterario dell’espressione. Sul palcoscenico, infatti, l’essenzialità dei tre elementi: la sfera blu – morbida, accogliente e pacificatrice come il seno materno -, il parallelepipede vermiglio – a simboleggiare la potenza fallica dell’elemento maschile – e l’uovo – giallo come un astro nascente. E a questa basicità di forme e colori corrisponde anche quella delle luci – tono su tono, a replicare le medesime suggestioni, amplificandole; e poi ad essenzializzarsi in una luce fredda, che getta lampi sulla sinteticità dell’androgino –  e della colonna sonora – un insieme di accordi giocati fra basso e acuti, sparati ad un volume che stride, a tratti, e  infastidisce in modo intenzionale. Eppure sembra quasi una musichetta da orchestrina – riproposta, riscomposta e reiterata. Un po’ come tutto lo spettacolo: apparentemente leggero, di certo godibile, divertente… sbalorditivo, per la capacità mimica di Magnelli, il cui corpo riesce a plasmarsi dall’ asessualità, quasi, del feto e del bambino – lo vediamo, mentre articola i primi suoni, e poi quando gattona, inciampa, traballa sulle instabili gambette. Non meno magnetico è il suo essere androgino: metà uomo – passo e cadenza da guappo – e metà donna – la più smorfiosa delle signorine -, unite in una camminata tanto surreale quanto metafisica – nonostante la concretezza di un incedere dinoccolato a causa delle scarpe: una decolté blu tacco dodici e una scarpa bassa da uomo rosso fiammante, ideale richiamo ai colori scelti negli elementi scenici per simboleggiare i due sessi.

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Non è solo un mimo, Magnelli – modulatore d’immagini dalla visionarietà corrosiva -, ma anche un attore credibile nello sciorinare stralci di una non trama, che ha invece più l’andamento di improvvisazioni su suggestioni date – questo, in effetti, il metodo di lavoro della compagnia.
E tutto si mescola: maschile e femminile, genitorialità e transfert filiare, identità di genere e riconoscimento sociale – giocato nei diversi registri dalla più solipsistica delle autoreferenzialità  di un quasi teatro danza, ma poi anche dell’abbattimento della quarta parete, passando attraverso le gag, a fil di proscenio, sciorinando filastrocche pop ridondanti di divertenti luoghi comuni o mimiche minimaliste ed ammiccanti alla Antonio De Curtis. Un viaggio attraverso le proprie paure, in fondo. “Amore, mi eccita quando mi tratti male – confida ‘lui’ alla sfera/femminile -, mi  piace la tua parte maschile… Allora sono etero-omosessuale?” e, specularmente: “Mi stimola la tua dolcezza – è l’accorata dichiarazione di ‘lei’ di fronte all’obelisco a fondo campo -, voglio incontrare la parte femminile che è in te… Ma allora sono etero-lesbica?”. Queste, le paure, in un mondo che non smette di ripetere: “E voi, avete fatto, la vostra scelta? …Sicuri?”.
Il sotto testo resta quello di alcune scene prima: “Una vergine è un giovinetto con pochi fianchi e poco seno; un giovinetto è una vergine senza fianchi e senza seno”: si era disegnato così – pennarello alla mano – in un genere neutro, che non esiste. Il drammaturgo specifica: “Non c’è giudizio e non abbiamo risposte. Solo: ci piacerebbe suscitare dubbi, riflessioni…”

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Ecco. E la mia riflessione è che c’è molto di più, in fondo, in questa drammaturgia sui generi(s): non soltanto la necessità moderna – ma poi forse anche ben più ancestrale – di non riconoscersi obbligatoriamente in un’identità gettataci addosso in modo univoco dagli stereotipi sociali. Quel che conflagra è la conflittualità di coppia. Paradigma inevitabile per il bambino – che ne diventa quasi un super ego regolatore, ad un certo punto del processo evolutivo e della drammaturgia -, sembra essere il suo dissesto, ciò che sta a fondamento dello struggimento di solipsismo, che idealmente corona lo spettacolo.
Un Antropomorfo inteso nel senso di un essere autarchico e solipsistico: è questo, l’uomo nuovo auspicato? Un nerd, in fondo, capace solo di relazionarsi, a spot, dall’asetticità anonima di un pc, dietro cui fingersi o mostrarsi a suo piacimento? Se penso alla coralità della pratica teatrale e a quanto questo spettacolo sa dare ad un pubblico partecipe – grazie anche alla bravura di Magnelli actor design – mi piace illudermi che la risposta possa essere trovata altrove.

 

Teatro della Contraddizione
24 – 29 marzo 2015

“CROMOSOMIE – Viaggio sui generi(s)”
Uno spettacolo di Gaddo Bagnoli
Con Andrea Magnelli
Musiche originali Sebastiano Bon e Francesco Canavese
Costumi Ilaria Parente
Produzione Scimmie Nude

Francesca Romana Lino

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