Testimonianze ricerca azioni 2025: la ricerca come forma di resistenza

In un anno segnato dall’esclusione dai fondi ministeriali per lo spettacolo dal vivo, Testimonianze ricerca azioni sceglie di non arretrare. Anzi, rilancia nel nome della “ricerca”.
Il festival infatti torna a Genova per la sua sedicesima edizione con un programma che ribadisce la centralità della ricerca come pratica viva, necessaria, capace di attraversare i linguaggi del contemporaneo. Anche quest’anno ricerca è la parola chiave di un progetto che negli anni ha costruito un luogo unico di incontro tra arti sceniche, pensiero critico e sperimentazione, intrecciando artisti, studiosi e spettatori in un dialogo costante.

Ho chiesto al direttore artistico Clemente Tafuri (foto: Lorenzo Crovetto) di raccontarci come si costruisce un festival in tempi incerti e perché, oggi più che mai, la ricerca resta una forma di resistenza e di visione.

Simone Pacini: Il festival ha dovuto affrontare l’improvvisa esclusione dai fondi ministeriali per lo spettacolo dal vivo. Il tema di quest’anno, la ricerca come mappa del tesoro, suggerisce un’idea di esplorazione continua. In che modo questi due temi hanno orientato le scelte artistiche della XVI edizione?

Clemente Tafuri: La ricerca artistica è una mappa che ci chiede continuamente di perdere l’orientamento. Non è un modo per trovare un tesoro, è un modo per non trovarlo. È la mappa del tesoro di un tesoro che non esiste, perché se esistesse la ricerca artistica avrebbe una durata, un tempo, un luogo, ovvero una fine. Bisogna distinguere tra ricerca e opera di ricerca. La ricerca artistica è un’attività sotterranea, complessa e senza confini, che attinge dal passato e col passato ha un dialogo continuo. L’opera è una traccia di questo cammino, una traccia inconcludente e sempre poco significativa rispetto al nostro tempo, ma che, ci si augura, interrogherà ognuno di noi a lungo. La ricerca nell’arte è sempre essenziale perché ci permette di gettare lo sguardo in avanti interrogando il presente in modo radicale, nel profondo. Un’opera d’arte del passato continua a chiamarci al confronto con la vita, sempre, e lo farà sempre. Altre cose rimangono nei musei, nella memoria storica e non hanno nulla da dirci. La ricerca artistica è alla base di ogni azione culturale portata avanti da Teatro Akropolis. E quest’anno, durante il festival, oltre a essere presenti opere di artisti che hanno fatto e fanno della ricerca il cuore pulsante del loro lavoro, in diverse occasioni molti ospiti affronteranno il tema della ricerca per spiegarne, da più angolazioni, la complessità e il rapporto con il Contemporaneo. Quindi sì, una mappa del tesoro. Ma scordatevi il tesoro.

Lupa Maimone – Finzioni

SP: Molti incontri del festival riflettono sul “rischio culturale” e sulla sostenibilità della ricerca artistica. Qual è oggi, secondo te, il rischio più urgente da correre per chi fa e sostiene arte contemporanea?

CT: Devono decidersi a separare cosa è commerciale da cosa lo è in minima parte o per nulla. E poi decidere cosa e come sostenerlo, in base proprio alle caratteristiche del rischio che artisti, curatori e direttori di teatri si assumono. So che se programmo uno spettacolo, o vendo un prodotto, avrò un certo ritorno economico. Come so che se programmo uno spettacolo che non è un prodotto, non è cioè stato pensato e realizzato per andare incontro ai gusti e ai bisogni di qualcuno, vado incontro a rischi molto più elevati. Chi sostiene l’arte, chi la finanzia, dovrebbe partire da questa banale riflessione. Anche un bambino sarebbe in grado di capirlo. L’arte di ricerca si assume dei rischi enormi. Le opere commerciali hanno già in sé l’antidoto per affrontare una buona dose di rischio, ovvero coinvolgono numeri più importanti e di conseguenza muovono economie più consistenti. 

SP: Quest’anno il festival dedica un focus al linguaggio musicale con La nascita della tragedia dallo spirito della musica, un convegno che intreccia filosofia, arte e suono a partire da Nietzsche. Come nasce questa scelta?

CT: Nieztsche con La nascita della tragedia non cambia solo la prospettiva con cui si era sempre guardato al mondo greco e all’origine del teatro. In quel libro mette a nudo i paradossi dell’arte, teatrale ma non solo, del suo tempo. Se vogliamo usare delle categorie a noi più familiari, La nascita della tragedia è un’opera di ricerca che interroga il suo tempo e in particolare il teatro e la musica allora considerati d’avanguardia e di rottura rispetto al passato. Facendo questo Nietzsche mette in crisi i fondamenti dell’arte occidentale, e sarà di ispirazione per la gran parte dei teorici e degli artisti del Novecento, ponendo questioni su cui ancora oggi è necessario confrontarsi. In questo senso il convegno è un modo per riflettere sul senso della ricerca, sul rapporto tra ricerca e opera. La musica, ma forse, come ricordano Pietro Borgonovo e Enrico Pitozzi, il suono nella sua assoluta determinazione e nel contemporaneo svanire, rappresenta un momento in cui è possibile intravvedere il confine della rappresentazione, intravvedere cioè la nostra condizione individuata, quello che siamo in rapporto al presente e alla cultura. Da qui l’idea del concerto, a seguito del convegno, dedicato a Giacinto Scelsi.

Vasiliki Papastolou – Panopticon

SP: Leggo un’altra novità: con il progetto ICONE hai chiesto a quattro artisti di accompagnare i loro spettacoli con momenti di approfondimento legati a opere, autori o concetti chiave del loro percorso. Qual è l’obiettivo di questo dialogo?

Contribuire ad arricchire la mappa che dicevamo con segni chiari, quelli che Carlo Sini, parlando del foglio mondo, chiama dettagli luminosi. Gli artisti ci diranno qualcosa di più sul loro lavoro, riferendosi alle loro ispirazioni, ai loro maestri, a opere fondamentali per il loro cammino. Non mi interessa che un artista parli dell’opera che presenta. Mi interessa che racconti qualcosa di più del suo immaginario poetico. E che magari lo faccia nel modo che lui ritiene più opportuno. Icone è un progetto idealmente parallelo al cammino che facciamo con la collana Testimonianze ricerca azioni, i libri dedicati al festival in cui scrivono gli artisti, i filosofi e gli studiosi che vi partecipano. Diciamo, in estrema sintesi, che è un modo per addentrarsi un po’ di più nella dimensione intellettuale e nei processi creativi degli artisti. 

SP: Dopo sedici edizioni, cosa resta per te il “tesoro” più prezioso di questa lunga esplorazione nella ricerca? E come immagini il futuro di un festival che continua a interrogarsi sul suo stesso senso?

CT: Restano molte cose preziose. L’incontro con artisti straordinari, la possibilità di condividere e rilanciare quello che è a fondamento della nostra indagine artistica, riuscire a eccedere il teatro mettendone in relazione i confini con altre arti, il dibattito permanente intorno alla creazione e ai suoi sviluppi. E ovviamente la ricaduta politica a cui tutto questo dà vita, perché gestire un luogo d’arte significa farsi carico dei bisogni profondi di un territorio, non di tutti ovviamente, ma certamente di alcuni. È un cammino pieno di insidie, faticoso, a volte segnato da una profonda solitudine. Che riserva, in certi casi, amare sorprese. Ma ci sono appunto anche tante cose preziose. Il futuro? Mah, non saprei. Molte cose non dipendono da noi. Sicuramente sarà un nostro obiettivo tenere in vita le cose preziose che accennavo, consci del fatto che il lavoro degli artisti è sempre un luogo di confronto e altrettanto lavoro. Lo spettacolo non esaurisce cioè la complessità delle questioni che affronta in relazione al suo tempo. Esso è sempre la traccia di qualcosa di più ampio che, ci si augura, possa avere delle ricadute nella vita di ognuno. Non so se per migliorarla o meno, non è così importante, ma sicuramente utile a ispirare uno sguardo più attento rispetto al presente. In questo senso il festival, come dici tu, continua, e spero continuerà, a interrogare se stesso senza ridursi all’ennesima carrellata anonima di eventi o a qualche idiota commemorazione carnevalesca

Appuntamento quindi fino al 29 novembre al Teatro Akropolis di Sestri Ponente e negli altri spazi del festival. Programma completo e prenotazioni sul sito ufficiale.

Simone Pacini

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novembre, 2025

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