Claudia Marsicano: la “Rosa” e le sue spine

Per chi se l’è persa a Santarcangelo dei Teatri, dove si tiene uno dei festival più antichi e prestigiosi in materia di arti peformative contemporanee, eccola per soli tre giorni a Milano – dal 3 a 5 novembre 2017, a MTM Manifatture Teatrali Milanesi, Teatro Leonardo.

Stiamo parlando di “R.OSA” di Silvia Gribaudi, coreografa già nota per la sua indagine sulle potenzialità di fisici diversamente conformi, che spesso porta in scena con ironia a tratti dissacrante. Interprete meravigliosa proprio nell’accezione etimologica del termine -, Claudia Marsicano, la cui fisicità certo non convenzionale torna a confermare le sue molteplici abilità (anche) squisitamente fisiche: la dirompente plasticità, ma anche la leggerezza e grazia, che possono appartenere a un corpo apparentemente condannato a soggiacere a una pesante forza di gravità. Così nella performance, come già il titolo suggerisce, fa esplodere il nome del tenero bocciolo/colore per antonomasia del gentil sesso, in quello che (al)le donne non dicono: e cioè che non occorre avere un fisico da Barbie per poterlo mostrare, ma, soprattutto, che c’è altro, oltre quell’involucro. Così ce lo dice lei, Claudia Marsicano, che, senza apparenti falsi pudori verso il suo fisico over size, sale sul palco in un fasciante costume da bagno di un azzurro spavaldo.

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Iniziano così, i dieci exercise: dal canto alla coreografia, dall’animazione stile villaggiovacanza alla percussione corporea (picchiettando e facendo picchiettare tutte le parti di un corpo finalmente accettato e redento nella sua integralità); procedendo, poi, verso la danza classica e pop, al gioco e alla parodia mimica facciale a dimostrazione che tutto è possibile, basta volerlo. Non è infatti un caso che la drammaturgia le imponga un ruolo a cavallo fra la performer e la trainer/motivational coach, immediatamente dopo il primo virtuosismo – vocale -, strizzando l’occhio al lontano ricordo di una Jane Fonda d’annata – la ricordiamo anche lei, stretta in una tutina color indaco… e le due immagini cortocircuitano, sovrapponendosi.  All’improvviso si mette a parlare in un ostentato sleng made in USA, non appena inizia a spostare l’attenzione sulla sua massa fisica – volutamente, la chiamo così: perché maestria della Marsicano è mostrarci, gradualmente, le pari opportunità di cui è dotato ogni corpo, purché abitato da un talento, ironia e autoironia dirompenti e da una capacità empatica carismatica e contagiosa. Sgranando, come in un rosario pop fine anni ’80, tutti i cliché di una Heather Parisi scanzonata, spericolata e, come lei, contagiosa – con tutti gli sketch del caso, nel giocare a sforzarsi di parlare in italiano per entrare in empatia -, riesce anche a farci arrivare un candore spiazzante, che, però, forse è solo quello del personaggio starlette, nonostante il volume d’ingombro.

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Non c’è posto, per la commozione, nella partitura della Gribaudi. Fedele al monito secondo cui se la performance è ostentazione e provocazione, non è per questo detto che debba essere gridata o strappalacrime, non smette di cavalcare il registro dell’ironia. Complice anche il bistiche linguistico, che in parte enfatizza l’effetto comico – anche se, nonostante la mimica efficace della Marsicano, rischia di lasciarsi indietro coloro che non masticano l’inglese… -, si mantiene in un registro, che non scivola mai al di sotto della superficie del virtuosismo, per quanto giocoso.
Certo: di fronte a noi l’ingombrante imbarazzo della provocazione, perché è impossibile non interrogarsi, specie all’inizio, sulla propria percezione di sé; e, in filigrana, il sibilare del dubbio. “Ma sono io, che la penso così?” O: “Quanto sono condizionato, in questo, dai modelli socioculturali inculcatici dalla società?”

Tornano in mente altre due performance, viste negli ultimi anni: “10 miniballetti” di Francesca Pennini, Collettivo Cinetico, e “MDLSX” dei Motus. Così simile, la prima, nella partitura – eppure così differente, sia nella figura esile e quasi lugubre dell’interprete, che nelle differenti intenzioni agonistiche della Pennini –, con un sapore non meno ironico, ma non per questo resistente a scavare più in profondità, cosa che fa, in modo quasi estremo, ancor di più Silvia Calderoli in “MDLSX”. Così viene spontaneo chiederselo a chissà quali altre sfide sarebbe pronta un’attrice a tutto tondo come la Marsicano. Al di là di una fisicità importante che ha saputo ben domare e che certo la caratterizza, in più di un’occasione, infatti, la giovane attrice ha mostrato squarci di abilità mimiche e canore e, soprattutto, il piglio, la sicurezza, il carisma della sia pur giovane professionista. Così, al di là di exercise, che tiene in piedi con la sua titanica bravura, ci auguriamo di vederla presto messa a servizio di un lavoro in grado di farci apprezzare lo spessore di quel talento, di cui sembra essere capace al di là di quel fisico nonostante tutto straordinariamente plastico e ben rodato.

Francesca Romana Lino

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