Dopo l’anticipo di kermesse prima delle ferie estive – “ll Teatro delle Regioni”, dal 21 al 26 luglio scorsi -, torna il più tradizionale appuntamento settembrino con “Trame d’Autore”. Giunto alla sua quindicesima edizione, è dedicato alla Cina. “La Cina e le sue grandi trasformazioni”, dall’11 al 20 settembre.
Già l’anno scorso, del resto, si era strizzato l’occhio al Catai, approfittando del festival per presentare un primo studio di quella “Storia di Qu” tratta da un aneddoto cinese lavorato a quattro mani da Dario Fo/Franca Rame drammaturghi e Massimo Navone alla regia – oltre a coinvolgere attori di differente caratura, attorno a Michele Bottini protagonista. La sua messa in scena più compiuta è stata poi riproposta a fine luglio all’interno della programmazione teatrale in concomitanza con EXPO a Milano.
Ed ora eccoci: dieci giorni di spettacoli – ma anche film e dibattiti -, per interrogarsi su questa cultura oramai così vicina a noi da non potersi forse più permettere il lusso di mantenerne un’idea fiabesca e sfuocata. Non è, infatti, più il favoloso Catai di Marco Polo, quel subcontinente che ininterrottamente dirotta i propri figli a colonizzare soprattutto alcune aree merceologiche del nostro Paese; e neppure il mondo di una delle tante rivoluzioni cinesi, che hanno segnato la storia del millennio appena conclusosi. Lo ha ricordato bene anche la Direttrice Artistica Angela Lucrezia Calicchio, nella conferenza stampa di lunedì 7, al chiostro Nina Vinchi del Piccolo Teatro Grassi, riferendosi ai “cadaveri lasciati dietro dalla rivoluzione cinese del 1966”: “intellettuali mandati nelle compagne per essere ‘rieducati’”, un paio dei quali compaiono fra gli autori degli spettacoli della rassegna. Ma se gli sclerotismi ideologici e censori dell’intellighentia cinese hanno certo rinviato quest’incontro – la Calicchio ricorda che il progetto risale al 2006, ma allora furono “incoraggiati a scelte di maggior ‘allineamento’” -, la Coodirettrice Tatiana Olear racconta che, nel momento in cui tutto finalmente è andato in porto, il criterio per la scelta dei testi è stato quello di preferire drammaturgie capaci di evidenziare più le affinità che non le idiosincrasie fra Occidente e Oriente – quasi seguendo il fil rouge di “ciò che ci avvicina” anziché “ciò che ci allontana”.
E’ stata poi la volta dell’immancabile Assessore Filippo Del Corno, a sottolineare le interconnessioni al tempo di EXPO fra cultura cinese e riverberi dell’economia di un Paese, “che si è sempre pensato come un monolite, ma le nuove generazioni lo obbligano a sciogliersi, sia in entrata che in uscita”. Ha spiegato come la Cina sia abbia alcuni “punti di entrata” nevralgici – Shanghai, Pechino e Hong Kong –, che al tempo stesso sono anche punti di diffusione del nuovo pensiero cinese. Ha poi voluto esprimersi rispetto alle riserve espresse in incipit dalla Colicchio a proposito delle scelte effettuate dalla commissione ministeriale per la riqualifica del sistema teatrale italiano. La Direttrice Artistica, infatti aveva lamentato come, pur promosso a ‘progetto di rilevanza nazionale’, il festival si è visto di fatto decurtato un terzo del finanziamento; l’assessore si è sentito di motivare il “pur piccolo contributo erogato”, proprio in ottemperanza di questa situazione, creata da un calcolo basato su “contraddizioni, quali quelle di un algoritmo, che si allontana dai parametri del teatro anche perché i numeri sono più spesso ‘dichiarati’, che ‘documentati’”.
Dopo di ché la parola è tornata all’arte. Con l’intervento di Mathias Woo – goliardicamente insignito di un gadgettistico Leone D’Oro -, si è sottolineato come davvero la Cina contemporanea si stia aprendo al modus del capitalismo occidentale, facendo di consumismo e investimento i capisaldi di questa stagione – ma anche rischiando di eccedere in un’urbanizzazione selvaggia, che le molteplici normative dell’Italia di oggi non consentono più. Ha sottolineato l’importanza di centri come Hong Kong, sorta di vedetta culturale fra Occidente e Oriente, che non solo funge da spugna/vaglio in entrata, ma – in modo del tutto similare – anche in uscita. E, contro un Occidente, che spesso rischia di liquidare la Cina come un’immensa Chinatown, ha confessato le grandi speranze di un reale interessamento rappresentato da Trame d’Autore – “che non dedica un singolo evento alla Cina all’interno di un discorso multi culturale, ma che incentra l’intera manifestazione di quest’anno all’approfondimento della sua contemporaneità” -, auspicando un fenomeno di reciprocità – perché anche per la Cina “l’Italia è Calvino, Eco… e poco o nulla conosce del teatro italiano contemporaneo”.
Quindi per questo viaggio di scoperta/conoscenza reciproche non resta che attendere l’undici settembre – e poi i dieci giorni successivi a confronto con 8 spettacoli e tutta una serie di iniziative, visionabili QUI nel dettaglio.
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