Che differenza c’è fra un burattino e una marionetta? E fra un pupo e un pupazzo? E Pinocchio era un burattino o una marionetta? Da dove viene, poi, l’idea di dar voce a dei fantocci, quando sarebbe ben più semplice far recitare attori in carne e ossa?
Sono, queste, alcune delle curiosità, a cui cerca di rispondere “Marionette che passione”, in scena il venerdì 5 febbraio all’Atelier Carlo Colla e Figli, che intanto allieta i più piccoli in matinée per le scuole.
La voce narrante e io collante, verrebbe da dire, è Eugenio Monti Colla, ultimo esponente del “ramo cadetto” della celeberrima famiglia di marionettisti. Sistemato nella sua postazione ai piedi del palco, racconta, illustra e ci informa a proposito dei segreti di questo antico mestiere. Rievoca le leggende dal magico sapore d’Oriente, che ne spiegano l’origine. Poi ci invita ad alzare lo sguardo sul palco, dove, tirato un lenzuolo bianco a coprire gran parte del minuscolo e miniato boccascena, in controluce si agitano le figurine in cuoio governate da bacchette. Poco conta che siano lo spettro della bellissima moglie del sultano rabbonito dall’amore di lei o i frizzi dei buffoni di corte di un crudele e smemorato sovrano di un Paese ancora più a est. Quel che resta è l’incanto di leggende, che si perdono nella notte dei tempi, da cui riaffiorano per prenderci per mano e idealmente condurci nel laboratorio di marionette.
Comincia così la lezione-spettacolo, in cui, con la collaudata pazienza di chi il proprio lavoro lo fa con autentica dedizione, il pacato padrone di casa, ma poi anche Giovanni, Sheila e gli altri ci svelano i segreti del mestiere: come nasce una marionetta, come si costruisce, come si veste, agghinda, acconcia. Ci mostrano l’attenzione ai dettagli: ché un occhio di vetro è altra cosa da uno semplicemente disegnato su legno – rigorosamente di faggio, per la sua leggerezza… – e altra cosa è che sia fisso o mobile; ci parlano della scelta dei tessuti, delle ragioni dei colori e del perché di questo o quel tipo di lavorazione sartoriale. E poi la vestizione. Mia nonna mi raccontava di come anticamente, nel paese in cui era nata lei, ci fossero persone di servizio preposte a vestire gli esponenti delle classi plus agés. Erano racconti ricchi di indiscrezioni – probabilmente una sorta di gossip ante litteram -, in cui la protagonista spesso era una certa Preziosa, servetta del signorotto locale. Ecco: è con quella stessa preziosa abnegazione che questi maestri di bottega vestono, pettinano e animano inermi pinocchio talvolta forgiati perfino in più esemplari, per esigenze di scena. A conclusione di un lungo processo di studio iniziato dall’indagine del costume d’epoca, li imbellettano con diversi ordini di capi di abbigliamento. Non è solo un’esigenza estetica: così finemente rivestita, l’eterea marionetta, vista poco prima in un’agilità fluida e quasi lunare, acquista la densità tonica del movimento muscolare reale.
Poi la sfilata: personaggi tipici e maschere tradizionali, una variegata arca di Noè, che non ti aspetti e burattini estrosi e storici, pezzi unici gelosamente custoditi dall’epoca futurista; perfino prototipi di fine settecento. Perché questo fa, il laboratorio dei Fratelli Colla: costruisce nuove marionette, sì, ma si occupa pure di manutenzione e restauro dell’enorme patrimonio di pezzi unici accumulati nel tempo; custodisce memorie di quegli eventi che, in epoche in cui non c’erano gli attuali mezzi di comunicazione, spesso venivano affidati al racconto di questi surrogati di noi, ammantati con le nostre sembianze, ma svelati dall’impunità delle loro parole dette quasi per celia.
E’ questa, una delle caratteristiche su cui si sofferma fin da subito Eugenio Monti Colla: “Il teatro di animazione non è un teatro per bambini – o non solo, almeno…”, a cui fa da rimando la chiosa storica finale che parla di satira sociale, di esilio, resistenza e poi finalmente di un mestiere capace di far ridere e piangere, come il migliore dei teatri, incantando il nostro lato bambinesco con un lavoro di cesello e meraviglia.
Se vi siete incuriositi, l’appuntamento è per venerdì 5 febbraio all’Atelier Fratelli Colla, a Milano, in via Mantegani 35/1 .
A proposito: Pinocchio è una marionetta, ma l’equivoco deriva dal fatto che, in Toscana, burattino si diceva pure di bambini discoli e irrequieti. Chissà come sarebbe andata se, anziché così, li si fosse incasellati fin d’allora nella più asettica casella degli iperattivi. Ma, questa, è un’altra storia…
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1 commento su “Il prezioso garbo resistente delle marionette Colla e il caso Pinocchio”
Molto interessante!