Inbox Generation: a Siena il teatro incontra l’Università

Durante i giorni del premio Inbox Verde a Siena, ho avuto l’occasione di guidare un piccolo gruppo di studentesse dell’Università di Siena trasformatesi in Inbox Generation che, insieme ad altri, ha decretato una Menzione speciale allo spettacolo che ha convinto di più.

Giulia Landolina, studentessa magistrale corso Public and Cultural Diplomacy, traccia un primo resoconto dell’esperienza:

Fughe clandestine di vecchiette e bambini, marionette rockstar, palcoscenici infarinati di allegria. L’edizione 2021 di In-Box Verde tenutasi a Siena dal 14 al 16 Giugno 2021 è stata per noi una breve e particolare fuga dalla routine accademica, oltre all’emozione unica di poter tornare ad essere spettatori.

Grazie alla collaborazione con il nostro ateneo infatti, durante il secondo turno del festival promosso da Straligut, abbiamo avuto l’occasione di assistere a sei spettacoli di teatro ragazzi, ognuno dei quali ci ha fatto tornare tutte un po’ adolescenti se non addirittura bambine; grazie agli spettacoli che abbiamo visto sullo scontro generazionale genitori-figli, sul rapporto speciale con i nonni, sulla magia delle marionette e delle favole natalizie, e infine sull’allegria che possono trasmettere una commedia del ‘900 e una coppia di clown-panettieri.

In questo itinerario siamo state accompagnate da figure tanto esperte in materia di teatro quanto simpatiche come Simone Pacini, instancabile mentore, il mitico Mario Bianchi (qui un suo report dettagliato di Inbox 2021), i giovani attori Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza, Nella Califano e Michele Di Donato. Con loro e anche con le varie compagnie che si sono esibite abbiamo avuto vari momenti di riflessione su ciò che ci aveva colpito e su ciò che invece ci aveva lasciato qualche dubbio, su cosa fosse per noi il teatro, ma soprattutto su quali sensazioni costruire un nostro giudizio sui vari spettacoli visti, per poi assegnare la menzione speciale “In-Box Generation” ad uno di essi.

Essere nella giuria popolare di In-Box Verde è stata una chance di confronto, di arricchimento reciproco, di brindisi al ritmo di “sciacqualo!” e gavettoni anti-caldo, ma soprattutto un’occasione di presa di coscienza di quanto i lavoratori del mondo dello spettacolo siano scalpitanti di voler tornare sul palcoscenico a fare il mestiere che amano, per tornare ad emozionarsi sotto le luci e a fare emozionare. E noi, altrettanto scalpitanti, stiamo già immaginando l’edizione 2022!

Il secondo giorno è stato sicuramente il più intenso, con ben tre spettacoli in tre location differenti. Simona Massai, studentessa di Scienze Politiche, ci racconta com’è andata:

 Le emozioni sono già tante dopo i primi due spettacoli, ma il secondo giorno di Festival è ancora più impegnativo e carico di aspettative con tre esibizioni in gara.

La competizione, infatti, prosegue con uno dei due spettacoli vincitori di questa edizione di In-Box Verde Oggi – Fuga a quattro mani per nonna e bambino (Compagnia Arione De Falco) che propone un originale e divertente dialogo fra la Signora Lina, una nonna curiosa e piena di vita nonostante qualche acciacco dell’età e Marco, un bambino di sette anni che diventerà la sua guida in avventure strabilianti come quella alla ricerca della casa del nonno.

Entrambi scappano da una vita vissuta in luoghi che stanno loro stretti e che quindi non si addicono alla loro indole più nascosta. L’una fugge da una casa per anziani l’altro dai propri genitori. I due si incontrano per caso e si afferrano per mano per affrontare le piccole e grandi meraviglie della vita, davanti alle quali solo i più piccoli talvolta sanno coglierne l’essenza, per mostrarla ai grandi. Questo dialogo così profondo è alleggerito da musiche coinvolgenti, rallegranti distrazioni della Signora Lina e assenza di scenografia che apre all’immaginazione verso mondi nuovi di Marco e di tutti i bambini e ragazzi, sognatori e visionari così come vuole la loro età. Il dialogo fra le generazioni è il tema che emerge così come affermano gli attori alla fine dello spettacolo. Un esempio sono certi asili che mettono in contatto i più grandi con i piccoli, per permettere lo scambio di eccezionali emozioni. Forse è proprio questo scambio che ha rappresentato la carta vincente di questo spettacolo destinato a far riflettere ma anche divertire con leggerezza.

La compagnia Arione De Falco condivide il premio con Appeso a un filo (Di Filippo Marionette), il successivo spettacolo che rapisce la giuria ufficiale al punto di farlo vincere ex aequo. La sorprendente manovrabilità delle marionette che le rendono naturali nel movimento, la loro bellezza artigianale, le storie divertenti ma anche commoventi dei personaggi, sono i trascinanti ingredienti di questa esibizione che viene addolcita dall’incantevole musica di sottofondo.

Uno spensierato clown che si dondola sull’altalena, una timida ma tenace ballerina, Fred Astaire e il tip tap, la ribelle rockstar, un ciclista che sogna il Tour, Gino che cerca l’abbraccio degli spettatori: queste sono solo alcune delle fantastiche marionette proposte; non sono personaggi legati da una drammaturgia, ma sperano di esserlo negli spettacoli futuri già in cantiere così come assicura la Compagnia nell’incontro finale. La scenografia è genuina, in linea con la natura di questo tipo di teatro che spesso nasce con spettacoli di strada (ed è proprio il caso di questa compagnia).

Appeso a un filo è un mix di divertimenti, sorprese e tenerezze per uno spettacolo “magico” che ha già stregato tanti teatri in giro per il mondo.

In serata è la volta di Collettivo Clown che apre letteralmente le danze con lo spettacolo di clownerie Panettieri spaventati. I protagonisti sono due impacciati fornai alle prese con un impasto un po’ pazzo che prende strane forme e anche molto tempo per uscire dal forno.

La straordinaria arte circense degli attori si alterna a divertenti sketch che rimandano indietro nel tempo alla comicità muta degli anni ’20, ma con note moderne grazie a musiche ritmiche e balli freestyle.

L’atmosfera che si crea è spiritosa e imprevedibile; i due malandrini tentano di conquistare qualche fanciulla nel pubblico regalando qualche impensabile oggetto che esce dal forno o provano a condividere il loro duro lavoro cercando volontari fra gli spettatori pronti a sacrificarsi per un’imbiancata finale!

Uno spettacolo ben fatto e semplice da un punto di vista scenografico e drammaturgico, emozionante e desideroso di emergere per una compagnia che punta in alto e che conquista al festival il gradino immediatamente successivo a quello dei vincitori, condiviso con All’ombra di un grosso naso – La storia di Cyrano De Bergerac (Il Teatro nel Baule).

Infine, tocca ad Anastasia Franco, studentessa al primo anno del corso di Giurisprudenza, raccontarci lo spettacolo che ha avuto la nostra Menzione Speciale:

Tre, il primo spettacolo che ha aperto le porte dei teatri a giudici e spettatori, il primo a dare inizio a Inbox Verde e il primo che ha avuto la possibilità di trasmettere a tutti l’emozione del ritorno, al teatro e alle emozioni, è stato lo stesso a ricevere la Menzione speciale da parte della nostra giuria “ombra”.
Tre, della compagnia Scena Madre, è uno spettacolo che nasce nel 2019 da un’idea dei registi Marta Abate e Michelangelo Frola.
Tre è uno spettacolo che nasce da un lungo percorso laboratoriale. La scenografia è essenziale, pragmatica e cruda: si tratta di un labirinto di sedie che simboleggia i limiti che i componenti della famiglia moderna interpongono tra se stessi e gli altri. È un elemento scenico semplice, l’unico presente dall’inizio alla fine dello spettacolo che, nell’evolversi della scena, muta così come mutano le emozioni dei personaggi.
A padroneggiare la scena sono quindi i silenzi, i corpi, le grida e gli sguardi che ognuno dei componenti di questa famiglia lancia e lascia allo spettatore.
Essenziale anche nel titolo, Tre, parla di una famiglia moderna, di due giovanissimi genitori mossi dalla inesperienza e dalla responsabilità, dall’insicurezza ad un atteggiamento iperprotettivo nei confronti del figlio adolescente, che ingabbiato ma confortato da queste assillanti e costanti attenzioni, non riesce ad affrontare quei limiti, simboleggiati concretamente dalle sedie sulla scena, che vengono spostati per lui dai genitori.
Protagonista delle vicissitudini e delle problematiche che la famiglia moderna affronta è la difficile antitesi tra l’essere e l’apparire, tra ciò che accade tra le mura domestiche e ciò che ci si sente costretti a mostrare alla società.
Al ritmo di una musica veloce e incalzante i tre componenti della famiglia si rincorrono, si feriscono, si contendono l’un l’altro nel buio della scena; ma al cessare della musica e alla luce che li abbaglia si immobilizzano e i volti che al buio erano stremati e stanchi dal rincorrersi appaiono rilassati e contornati dal sorriso. Ed è allora che i protagonisti si affidano ad una app, un ausilio digitale che li aiuti e li sproni quotidianamente al confronto e alla esternazione delle proprie emozioni, ma se questo mezzo li pone nella condizione di ritrovare un dialogo quotidiano, l’essenza stessa del mezzo digitale, e dunque di una iniziativa che proviene dall’esterno, li immobilizza. 
Ciò che ha colpito e che ha avuto un’importante peso nell’attribuzione della menzione è stato il riconoscere la capacità dello spettacolo di riuscire magnificamente ad assolvere alla funzione catartica del teatro: lo spettatore nell’osservare la scena, osserva se stesso. Nell’esternazione dell’emozione da parte degli attori, nella rabbia che divampa e nel silenzio che lacera, nella scena finale dei protagonisti che si spogliano ciclicamente, che si ergono a risalire da un abisso facendosi leva l’un l’altro e nel conclusivo abbattimento di quel muro che li ingabbiava: in tutti questi momenti lo spettatore rivede se stesso e si purifica.

Piccola gallery Inbox Generation

foto: Costanza Maremmi

Simone Pacini

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