Reinventare le tradizioni: il teatro per la prima infanzia della Compañía Aranwa, dal Cile

Secondo appuntamento con le interviste dal festival Visioni. Oggi conosciamo la Compañía Aranwa (sito ufficiale) che da Santiago del Cile porta in giro i suoi spettacoli di teatro per la prima infanzia. A Bologna ha presentato il suo ultimo spettacolo Cyclo e ho avuto l’occasione di parlarne con uno dei suoi attori Andrés Zará.

Simone Pacini: Siete venuti in parecchi dal Cile! Quanti siete esattamente?

Andrés Zará: Siamo in nove qui: tre musicisti e quattro performer in scena, la produttrice e il tecnico. La nostra regista e fondatrice Layla Raña non è potuta venire ed era molto triste per questo, anche perché Cyclo è il suo spettacolo preferito!

SP: Parlami brevemente della compagnia e del tuo ingresso.

AZ: La Compañía Aranwa è stata fondata nel 2010 e ha prodotto fino ad adesso cinque spettacoli. Io sono arrivato per il terzo, chiamato Melodías en el Aire, nel 2016. Quello spettacolo fu un bellissimo percorso sia estetico che di ricerca su come relazionarci al pubblico della prima infanzia, stimolare la sua mente e ricreare qualcosa che molto spesso abbiamo perso all’interno delle famiglie: la giocosa e amorosa relazione con i propri genitori.

SP: E questa urgenza vi accompagna tutt’ora?

AZ: Sicuramente. Al giorno d’oggi nei paesi occidentali di solito entrambi i genitori lavorano. Non hanno tempo per stare con i figli, come accadeva ad esempio quando io ero più giovane. Abbiamo sempre lavorato su questo, con linguaggi e storie differenti, oggetti e colori di ogni tipo. E in Cyclo abbiamo incorporato tutto quello che abbiamo trovato nei precedenti quattro.

SP: Questo spettacolo è pieno di immagini e colori che ricordano il Sud America. Quanto avete giocato con le tradizioni? È evidente che non sia uno spettacolo folklorico “classico” ma sembra che riutilizzate le tradizioni. È così?

AZ: Siamo molto irriverenti perché abbiamo una precisa opinione sul teatro e su come esso debba indirizzarsi al giovane pubblico, rompendo e reinventando certe tradizioni che noi – in teoria! – non avremmo il titolo di rompere. Non c’è niente di male nella tradizione teatrale ma noi vogliamo scegliere come approcciare al pubblico, vogliamo rompere questa dualità, questo rapporto “malato” fra lo spettacolo e lo spettatore: ovvero che noi siamo “l’oggetto di culto” e gli spettatori sono passivi. Per noi non è così! Le persone devono partecipare al teatro, e il miglior pubblico per fare questo sono le bambine e i bambini perché loro non conoscono le tradizioni, non hanno “cultura”. Sperimentano e sono molto onesti perché dicono se qualcosa non piace loro e se vogliono andare a casa. Sono molto semplici nelle loro reazioni e noi dobbiamo incoraggiarli! Per questo ci prendiamo il rischio di rompere le strutture classiche del teatro per investigare le nostre estetiche.

SP: È proprio una missione!

AZ: Sì! Il nostro obiettivo principale è quello di creare un nuovo pubblico stimolando queste piccole menti. In una piuma che vola e cade una bambina o un bambino possono avere migliaia di connessioni mentali che noi non abbiamo più, persi come siamo in questi schermi, iPad, ecc. Vedere qualcosa che si muove, come accade in uno spettacolo, è una vera esperienza, per noi adulti è ovvio ma per le bambine e i bambini è meraviglioso. Perché loro sanno connettere le emozioni con il corpo e i pensieri con l’immaginazione.

SP: La musica gioca un ruolo fondamentale. È sempre “dal vivo” negli spettacoli della Compañía Aranwa?

AZ: Principalmente sì. I musicisti sono anche loro performer, sono parte dello spettacolo con i loro corpi e le loro espressioni. E inoltre anche noi performer cantiamo. Facciamo moltissimo training sulla componente musicale degli spettacoli.

SP: Che strumenti musicali ci sono in questo spettacolo?

AZ: Questo spettacolo è la celebrazione della vita secondo le tradizioni sudamericane. Per questo abbiamo deciso di utilizzare differenti strumenti, tra cui la chitarra spagnola, il quatro venezuelano, il charango che si usa nelle Ande cilene. Questo spettacolo ha molto a che fare con la cultura boliviana e messicana. E su un concetto base di molte culture sudamericane che riguarda la vita e la morte. Come si può celebrare la morte? La morte non è la fine ma la trasformazione da qualcosa a qualcos’altro. Ovvero del ciclo della vita. La nostra musica serve a sottolineare tutto questo.

SP: In quali paesi andate in tour?

AZ: La Compañía Aranwa ha da subito cercato connessioni con altre realtà sudamericane. Siamo stati in Argentina, Messico, Ecuador, Brasile. In Messico abbiamo assistito a uno spettacolo de La Baracca e abbiamo partecipato a un loro bellissimo laboratorio. In seguito siamo stati invitati a Bologna. Nel 2019 abbiamo fatto lo stesso tour europeo di adesso: Bologna, Madrid e Barcellona. Per quanto riguarda Cyclo, essendo una coproduzione con il Comedia Theater di Colonia, ha debuttato in Germania dopo un anno e mezzo durissimo di prove su Zoom. Quello che ci piace della tournée è constatare come in ogni paese dove andiamo le bambine e i bambini sono diverse/i: hanno ovviamente diverse culture ma anche un diverso modo di rispondere alle sollecitazioni dei nostri spettacoli. I nostri spettatori, anche se sono piccolissimi, hanno già comportamenti molto diversi di paese in paese.

Simone Pacini

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novembre, 2024

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