Gianluca Secco, friulano classe 1981, è un cantante sui generis: utilizza la voce in modo unico, associandola alla musica, alla poesia e al teatro con l’aiuto di una loop station. A fine ottobre, fortemente voluto dal direttore artistico Enrico De Angelis, si esibisce sul palco del Teatro Ariston di Sanremo per “Il Premio Tenco 2016” e viene premiato dall’agenzia Nuovo IMAIE con la Targa Tenco per la “Migliore Interpretazione”. Gianluca è in questi giorni in residenza al Teatro La Fenice di Arsoli come terza residenza artistica organizzata da Settimo Cielo. Sabato 19 novembre (info: 3332014272 – 3318254599 officinaest@gmail.com) potremo assistere alla performance finale in forma di studio del suo nuovo progetto “Tracce Impronte Sonore Vocali Originarie”.
5 domande a Gianluca Secco
Gianluca, sei l’unico non “teatrante” in residenza ad Arsoli nell’ambito del ciclo di residenze artistiche organizzate da Settimo Cielo nel 2016. Che effetto fa?
E’ curioso e stimolante poter usufruire di un intero teatro vuoto, silenzioso dove provare e studiare le mie nuove idee. Mi dà un effetto di clausura spirituale se vogliamo. Quasi come essere in un eremo isolato dal resto del mondo.
In realtà il tuo approccio alla scena è molto teatrale, i tuoi concerti sono performance. Quali sono gli elementi più teatrali del tuo fare artistico? Quanto influisce l’elemento “live” nella creazione artistica? Dai spazio all’improvvisazione? Interagisci con il pubblico in qualche modo?
Il carattere teatrale dei miei spettacoli dal vivo sta nell’interpretazione dei testi, nella fisicità che uso ai fini interpretativi e nel modo dell’attore, figura che ho compreso e apprezzato avvicinandomi a grandi artisti del teatro di strada come Guglielmo Bartoli ed Eduardo Ricciardelli. L’elemento “live” per me è fondamentale. Dal vivo ho la possibilità di comprendere quanto e cosa sono in grado di far recepire al pubblico e posso dare spazio all’emotività del momento, cosa che non può accadere durante le prove. L’interazione con il pubblico è un altro elemento importantissimo. Cerco una interazione empatica. Nel senso che io presento delle emozioni, vivo ciò che canto, mi do al pubblico. Nel momento in cui il pubblico recepisce questo allora avviene la magia, uno scambio di energie.
C’è una differenza sostanziale fra il mondo teatrale e quello musicale: nel primo non è prevista la fase “studio” (ovvero la registrazione dei brani) anche se questo elemento, soprattutto nell’universo indie, già da molti anni è sempre meno rilevante. Come vivi questa differenziazione? Influenza in qualche modo il tuo percorso?
No. E non amo le etichettature. Amo mescolare le carte in tavola. Poesia, musica, teatro, canzone, tutti elementi diversi eppure, se mescolati a dovere, possono diventare uno.
Dopo una serie di collaborazioni con formazioni di diversi generi musicali, a partire dal tuo album d’esordio Immobile fai un uso forsennato della loop station, creando una sorta di polifonia di te stesso. Perché questa scelta?
In tutti i brani di Immobile non ho voluto utilizzare effetti digitali che duplicassero la mia voce. Per creare dei cori reali e veritieri ho cantato tutte le parti che compongono le corali, strato su strato, sovraincidendo più volte le stesse parti. Con questo metodo di lavoro “certosino” ho ottenuto l’effetto di grandi cori gospel. Ricercando come dare spazio alle potenzialità del mio strumento unico e originale, la Voce, ho incontrato la loop station che è uno strumento che serve proprio nel lavoro di registrare e sovraincidere durante i miei spettacoli dal vivo.
In queste tre settimane ad Arsoli avrai la possibilità di gettare le basi per il tuo secondo progetto “Tracce Impronte Sonore Vocali Originarie”. Quali benefici ti aspetti da questo periodo di residenza?
Come ho detto, avere un teatro intero a disposizione è fonte di nuovi stimoli e idee. Non mi aspetto nulla in realtà, lascio che il processo creativo prenda il sopravvento e lascerò le idee muoversi cercando nuovo respiro. Vedremo! Sono curioso.
Video de Il Volo testo e musica Gianluca Secco
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