Se c’è un Paese in cui non è proprio il momento di andare, quello è il Cile, ed ovviamente è lì che ci troviamo.
Di nuovo alle porte della Patagonia, dopo il tour del 2016 con lo spettacolo Il Rito e quello del 2017 con MADE IN ILVA, siamo tornati al Festival FITICH. Questa volta iniziamo il nostro viaggio da Chiloè, l’isola dalla quale quasi tutti i viaggiatori e scrittori del novecento partivano per le loro avventure nelle terre più a sud del mondo. Questa è la nostra quarta volta in Cile, dove ormai ci sentiamo di casa, anche se, già prima di partire, sentivamo che questa sarebbe stata un’esperienza diversa da quelle precedenti e sicuramente indimenticabile.
La situazione d’instabilità del paese, anche dall’Italia ci sembrava abbastanza grave, le analogie con il periodo dittatoriale, le notizie che ci arrivavano tramite i social, spesso così discordanti tra loro, ci rendevano davvero ansiosi di capire cosa realmente stava accadendo in questo paese che amiamo e nel quale torniamo sempre molto volentieri. Appena atterrati capiamo subito di trovarci in un momento storico importante e che difficilmente potremo dimenticare.
Da più di un anno avevamo pianificato questa seconda tournée di MADE IN ILVA negli affascinanti e remoti scenari australi, e a poche settimane dalla partenza, tutto il progetto era rimasto sospeso ad un filo, quel filo che sta unendo tutto il Paese in un’unica grade marcia di protesta scaturita non dai 30 pesos di aumento del biglietto della metropolitana ma dagli ultimi 30 anni di un sistema neo liberista che ha contribuito a creare uno dei divari più grandi al mondo fra ricchezza e povertà.
Quando finalmente il Festival internazionale di teatro itinerante dell’arcipelago di Chiloè, ci ha confermato, con un grande atto di coraggio, che avrebbe realizzato la sua programmazione, in un momento in cui i maggiori festival e manifestazioni culturali del Paese venivano annullati, abbiamo subito deciso di partire. Ci siamo affrettati a finalizzare i dettali della tournée (voli, trasporti etc.) e abbiamo anche fatto in modo di restare alcuni giorni in più, al termine delle ultime repliche, per incontrare ed in qualche modo aiutare colleghi e compagni di lavoro che, a fatica, continuano a fare teatro in un paese incendiato dalle proteste.
Atterriamo a Santiago, da dove, dopo aver fatto i controlli doganali come da routine, abbiamo preso subito la coincidenza per Puerto Montt, la città con l’aeroporto più vicino all’arcipelago di Chiloè, punto di partenza della mitica Carretera Austral, la strada che percorre tutta la Patagonia cilena. Ne facciamo un piccolo tratto a piedi, passeggiando in città per smaltire il fuso orario: c’è poca gente in giro, il mercato artigianale è praticamente privo di turisti, e molti negozi sono chiusi, non capiamo subito in cosa ci appare così diversa dal solito. Siamo un po’ stanchi e frastornati e così ci mettiamo in cerca di un caffè per non addormentarci in pieno giorno. Troviamo un locale molto carino, anche questo in apparenza chiuso, che fortunatamente viene aperto appositamente per noi dal gestore del locale, che gentilmente decide di offrirci il caffè, dato che ancora non abbiamo prelevato e li si può pagare solo in contanti. Il suo progetto è quello di fare di questo posto un luogo culturale, ospitando artisti, incontri, mostre, un co-working.
Parliamo subito di progetti futuri, di tornare il prossimo anno per fare qualcosa da lui, ci porta a vedere il centro culturale attiguo, conosciamo il suo direttore e poi ci avviamo verso il nostro hotel. Ci richiama l’attenzione una bandiera del Cile, e alcune scritte su uno striscione che cala da una finestra. Siamo di fronte al ginnasio della città. In questo momento è occupato, come ci spiegano le insegnanti che presidiano l’ingresso, per proteggere i ragazzi da eventuali attacchi dei carabinieri. Anche loro stanno manifestando per la situazione del paese ma anche per quella locale, l’istruzione pubblica in Cile è molto trascurata, il ginnasio cade a pezzi e nessuno è d’accordo con la gestione della preside.
Parliamo per ore con le insegnanti e con gli studenti che ci dicono di non aver paura a manifestare e che sono pronti a tutto pur di cambiare il paese. Ci colpisce molto la fiducia che tutti hanno in questo cambiamento, perché la gente è finalmente insieme e lotta per gli stessi ideali: studenti, insegnanti, popolazioni indigene come i mapuche, tutti credono nel cambiamento.
Il mattino dopo, prima d partire, facciamo due passi sul lungomare, cominciamo a guardarci attorno e capiamo di essere arrivati in un luogo diverso da quello che ricordavamo. Le vetrine dei negozi sono tutte sbarrate da lastre di metallo o di legno, anche il nostro hotel sembra un bunker, dappertutto ci sono scritte: “Piñera renuncia”, “Paco Asesino”.
Scattiamo diverse foto e subito torniamo in hotel per riprendere il nostro viaggio alla volta di Chiloè. Incrociamo due bambini nella hall, sembrano usciti da un film di Buñuel, stanno vendendo delle cartoline di Natale e prendono con noi l’ascensore. Appena giunti ai piani superiori, dalla vetrata si inizia vedere tutta la città, e stupiti esclamano: “Guarda guarda siamo in cielo e questo è il paradiso!
In questo momento storico in Cile tutti sembrano avere dei sogni come questi due bambini che ci permettono di guardare il cielo con altri occhi e cominciare a credere in un mondo diverso.
Nei prossimi giorni vi racconteremo i nostri giorni cileni, tra repliche al festival FITICH, workshop con gli studenti delle università che restano chiuse, incontri e racconti di chi sta vivendo questa fase di rivolta e grande cambiamento dove nascono i supereroi cileni e le donne scendono in piazza per il flash mob ormai diventato super virale di “Un violador en tu camino”. Seguiteci in questo viaggio, rigorosamente su instabilivagantiontour per fattiditeatro
La tournée di MADE IN ILVA in Cile è sostenuta dalla Regione Emilia-Romagna e dall’Istituto Italiano di cultura di Santiago.
MADE IN ILVA al Festival FITICH 2017 Osorno – Cile