“Incroci Teatrali”, prima edizione di un festival nato in focacceria

Si chiama felix culpa e significa qualcosa di fortuito, occasionato da un intento del tutto differente, ma che sortisce un effetto virtuoso e al di là delle aspettative. Nasce così “Incroci Teatrali”, un festival sfornato in focacceria. Il lievito madre è stato l’ozioso rituale mattutino di un giovane regista milanese, Alberto Oliva, in vacanza a Santa Margherita Ligure. Ingredienti base la sua curiosità, il suo amore per il teatro e il non perdere mai l’occasione per parlarne, messi a reagire con l’entusiasmo e la disponibilità di Carmela Pinamonti, titolare di uno storico panificio locale, allora da poco responsabile delle attività culturali per il territorio nella nuova giunta. Ingredienti così non potevano non gonfiare verso un progetto gustoso e versatile come il celebre prodotto ligure, poi effettivamente concretizzatosi nel festival, dal 10 al 12 aprile scorsi, con la direzione artistica di Paolo Bignamini, Carlo Grassi e dallo stesso Oliva. L’idea era quella di creare un ponte fra due regioni da sempre crocevia di scambi, nel tentativo di unire promozione del territorio e cultura, facendo focus sui linguaggi artistici della contemporaneità. Il loro slancio ha saputo contagiare soggetti istituzionali e non, quali il sindaco Paolo Donadoni, ma anche le Manifatture Teatrali Milanesi – partner per lo sviluppo delle ospitalità nella Città Metropolitana di Milano -, e i due teatri genovesi Teatro della Tosse e Teatro del Piccione, oltre a ScenAperta Altomilanese Teatri di Legnano (MI).

Questo l’antefatto. Sabato 30 gennaio 2016, poi, al Teatro MTM Litta di Milano, si sono esibiti lo spettacolo vincitore, “La Tana” della compagnia ZiBa, e “La Fantasia (Munarania)” di Dendi-Scalzi-Nardinquello, menzione speciale della critica.

“La Fantasia (Munarania)” di Dendi-Scalzi-Nardinquello
“La Fantasia (Munarania)” di Dendi-Scalzi-Nardinquello

Questo secondo spettacolo, esibitosi per primo, nel pomeriggio, essendo adatto anche a un pubblico di ragazzi, si richiama all’immaginario del celebre designer e teorico Bruno Munari e al suo imperativo pedagogico. “Vietato non toccare” è uno dei suoi irriverenti e avanguardistici diktat, che qui giustifica, anche a livello teatrale, il meraviglioso impatto fisico e performatico di matrice decoquiana del trio toscano. Parla di fantasia, come dice già il titolo, e lo fa attraverso una poetica semplice, ma raffinata e suggestiva, che mescola teatro su nero e clownerie. Senza mai scordare la coerenza del filo narrativo, sposa il modello formale del gioco circense, esibendo una performatività a tratti acrobatica, sempre modulata in modo preciso e mai ostentato. Dalla gag del pagliaccio alla giocolerie, dai numeri di equilibrismo sul mono ciclo al funambolismo sull’enorme sfera bianca, fino allo sdoppiamento, moltiplicazione e declinazione del personaggio, in un esilarante e sbalorditivo mix, che intrattiene e diverte il caloroso pubblico dei bimbi in sala. Eppure non si tratta solo di una profusione di numeri da circo. C’è del pensiero. Così la minuscola pallina illuminata, all’inizio, da un esplicito e suggestivo sguincio di luce, a tagliare la penombra dell’andirivieni anonimo dei frettolosi abitati di una città qualsiasi, è, lei stessa, quella fantasia, che assume le più svariate forme e dimensioni. Costringe l’attore/interlocutore in modalità ludiche differenti, ora bisbigliando, ora rumoreggiando come uno di quei pupazzetto di quelli con cui giocano i bambini piccoli. Lo lusinga, lo istiga, lo trasforma. Si fa parola, fuoriuscendo sotto forma di uno srotolato gomitolo, che, come il serpente dell’eterno ritorno nietzscheno, rischia di soffocarlo.

Impeccabile la pulizia d’immagine e il gioco di luci, che lo rendono un gioco circense alto.

“La Tana” della compagnia ZiBa
“La Tana” della compagnia ZiBa

Analoghe eco formali anche nello spettacolo vincitore. Così anche in “La Tana” della compagnia Ziba, performatività, azione fisica, la cornice ambientale resa attraverso i soli rumori e un uso delle luci simile ci proiettano in un tipo di teatro – surreale o grottesco, poetico, sarcastico o imaginifico -, che più facilmente si vede ai festival, che non nelle stagioni più o meno istituzionali. La trama, dal retrogusto beckettiano, racconta di una coppia (auto) costretta in uno spazio chiuso. Non sembra esserci null’altro se non il tempo di un’attesa tanto vacua, quanto asfittica ed estenuante. Un po’ “Waiting for Godot”, un po’ “Giorni felici”, dove chissà se poi arriverà davvero, quel che si aspetta e, soprattutto, chissà se è davvero quel che ci renderà felici, ciò che, vestiti a festa, attendiamo con tanta incrollabile caparbietà. Anche le atmosfere sono beckettiane: quella, la dinamica di coppia con un lui più mobile e ancora minimamente interessato all’esterno e una lei preda di un lento processo di sclerotizzazione – “Non va, non va…”, gracchia, a più riprese, di fronte al graduale paralizzarsi degli arti –; quella, la modalità anti realistica – qui grottesca anzicché surreale – e quella pure l’ansia di un’attesa che sembra sconfinare nella rinuncia o il gioco col “pacco”, qui sia consumistico “godot” che rapportabile alla sporta di “Giorni felici”. Registicamente Laura Belli e Lorenzo Torracchi interpretano la grettezza di questi personaggi grotteschi ed ego riferiti con una enfatizzazione mimica, che ne rivela il percorso formativo circense e di teatro di strada e con la scelta di partire da un’azione scenica volutamente esagerata, concitata e incontenibile, nonostante l’angustia dello spazio, per arrivare ad un rallentamento fisico, e parallelamente pure mentale ed espressivo, che ne denuncia l’inevitabile scacco. Così la “passeggiatina”, ad esempio, ovvero i quindici passi che sono uno degli espedienti con cui ingannare l’interminabile tempo, da energica e piroettante si fa strisciante e faticosissima. I toni concitati dell’inizio, via via si smorzano in un’afasia e in un immobilismo che sembrano essere la diretta conseguenza di quell’ignavia, in fondo, e della conseguente accidia che sono frutto di un egoismo sfrenato. L’eco dei rumori della città si smorza e agli improbabili ed allarmistici titoli del telegiornale i due preferiscono le voci rassicuranti di Peppa Pig o le loro piccole cose che pure non potranno consolarli né tanto meno salvarli.

Curiosi di vedere quali altre chicche saprà portare la prossima edizione di “Incroci Teatrali”, l’appuntamento è ancora a Santa Margherita Ligure, per l’edizione 2016.

Francesca Romana Lino

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