Da questi temi prende vita l’opera d’arte totale di Jan Fabre, il cui genio artistico ha avuto la definitiva consacrazione con la mostra personale al Musée du Louvre di Parigi (L’Ange de la métamorphose, 2008). Il suo Orgy ha tutto: un testo originale, dissacrante, moderno e pungente. Ambientazioni eleganti, scene da quadri di Edward Hopper. Luci perfette. Musica dal vivo rock, rap e non solo, recitazione multilingua e danza di alto livello per gli artisti totali della compagnia, col fucile perennemente a tracolla in attesa di non si sa quale guerra. Danzano sui divani Chesterfield (simboli della sicurezza domestica ma anche simboli estetici fine a sé stessi) e danzano anche i carrelli del supermercato. Si scorre verso il finale pirotecnico dove gli attori si uniranno per un vaffanculo a tutto il mondo, liberatorio come liberatoria sarà la danza di chiusura confusa e poetica.
Un pamphlet con la tagliente arma dell’autoironia. Un teatro totale, un orgasmo teatrale. Penso a certi registi nostrani, penso provocatoriamente di chiudere col teatro. Non credo che vedrò più niente di simile. Avrei concluso in bellezza.
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