Nell'attesa che ripartano le stagioni e di conseguenza il nostro Invito A Teatro con i consigli settimanali su Roma, Milano, Toscana e il Nord Est, propongo un'altra vecchia recensione mai pubblicata.
I ragazzi di Via della Scala [photo: arca-azzurra.it] conclude la trilogia intitolata La recita del popolo fantastico, iniziata da Ugo Chiti con Il Vangelo dei buffi (1996) e proseguita con Quattro bombe in tasca (2000).
Con questa nuova produzione, targata Metastasio e Arca Azzurra Teatro, il regista fiorentino conferma la sua vocazione di sperimentatore in lingua toscana; egli fa della sua lingua madre una bandiera, un vessillo, e la porta all’estremo, utilizzandola con armonia, unendola a scelte scenografiche e di regia all’avanguardia. Il cast è un mix variegato ed affiatato di attori affermati, con esperienze anche nel cinema, e giovani promesse; tutti rigorosamente toscani. La scuderia-Chiti è ormai un punto di riferimento nel panorama teatrale nazionale: i volti sono all’incirca gli stessi delle precedenti produzioni.
Da Firenze parte Ugo Chiti, esattamente da via della Scala, nel quartiere popolare di Santa Maria Novella, per raccontare la vita di cinque ragazzini che si ritrovano sotto casa a raccontarsi storie di paura, circondati da strane figure, ovvero gli abitanti del medesimo condominio, che fanno le loro fugaci apparizioni.
Queste quattro storie, di boccaccesca memoria, si materializzano sulla scena in un livello più interno rispetto allo spazio scenico principale (spazio che Chiti ingrandisce portandolo in platea, dentro la platea, per indicare l’androne, il pianerottolo dove giocano i ragazzini).
Le storie sembrano fiabe, così grottesche e “scellerate” che fanno da contrappeso alla quotidianità del normale vivere nella Firenze artigiana e popolare degli anni cinquanta, dove la vicenda è ambientata.
Questi ragazzini hanno un amico, Giovannino, che gioca con loro pur essendo più grande: è un sedicenne mentalmente ritardato che si diverte con un finto martello. Ma è anche il fulcro della storia: attraverso i suoi occhi infantili lo spettatore s’immerge nei piccoli grandi drammi che sono raccontati; infatti egli non esce mai dalla scena mentre dietro gli scorrono le rappresentazioni degli avvenimenti.
I quattro bambini, a turno, fanno le vesti del narratore: ci sono San Giuliano che uccide i genitori oppressivi, la mamma divoratrice e diavolo, il figlio principe cinghiale e cannibale, l’avaro pervertito. Queste storie sono raccontate per scacciare, esorcizzare la paura, e ricordano le novelle del Decamerone che venivano narrate, sempre a turno, per fuggire la noia e la peste.
Chiti sprigiona fantasia, ilarità, orrore e violenza, ma pone l’accento anche su questioni più sociali, umane. Ne sono un ottimo esempio lo stesso Giovannino, condannato ad un’eterna adolescenza, incompreso, deriso ed emarginato. Quest’anima pura, indifesa, si scontra con l’altra figura “deviata”: Emilio il cieco, un personaggio ambiguo, viscido, che è violentato e violentatore. Violentato dai preti che lo sottomettevano al buio in gioventù, adescatore a sua volta di uno dei bambini di via della Scala. Le rappresentazioni dei due emarginati sono sicuramente le più riuscite (Dimitri Frosali è il cieco ma anche l’avaro, Maurizio Lombardi è Giovannino) anche se tutti gli attori forniscono prove di spessore.
Chiti il bizzarro, Chiti il contestatore, Chiti l’onirico, Chiti il visionario ha fatto di nuovo centro; il suo teatro è magia, racconto, emozioni.
I ragazzi di Via della Scala
ovvero cinque storie scellerate
testo e regia di Ugo Chiti
con Massimo Salvianti, Lucia Socci, Dimitri Frosali, Andrea Costagli, Giuliana Colzi
e con Maurizio Lombardi, Teresa Fallai, Alessio Venturini, Daniel Dwerryhouse, Francesco Mancini
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Arca Azzurra Teatro
Visto a Prato, Teatro Metastasio, il 10 dicembre 2003
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