Se pensate che il teatro sia quella cosa che si fa recitando una parte scritta e mandata a memoria, allora “Virgilio brucia” degli Anagoor forse non è teatro; ma se pensate che il teatro sia quella cosa che si fa recitando una parte scritta e mandata a memoria, allora forse proprio per questo “Virgilio brucia” – e non “Ilio brucia”- è prepotentemente teatro.
La trama è piuttosto lineare, a ben pensarci; eppure non arriva subito. Bisogna (ben) pensarci, appunto. Bisogna anzitutto arrendersi a un processo, lento, di distensio animi, che forse non appartiene più alla frenesia rapace della bulimia contemporanea. Bisogna prendersi del tempo, darsi delle chances e disporsi in una dimensione, che è ascolto e accoglienza di contro alla reattività mordi-e-fuggi dell’oggi. E già questo spiega, in parte – e in parte descrive -, la cifra di una compagnia, gli Anagoor, il cui nome non a caso si richiama alle mura dell’utopica città del racconto di Buzzati. S’ispirano da sempre alla classicità, ai ritmi rurali e a sonorità aediche, che riecheggiano una babele di lingue morte oppure vive, ma che hanno profondamente a ché fare col tradere. Già “tradere”, che in latino significa sì “dare, affidare, consegnare”, ma poi anche “arrendersi, lasciare il posto”, come di fronte a una vocazione irresistibile; ed è curioso che sia pure la radice di quel “tradire”, che forse è il contraltare del cedere le armi, così come pure, per altro rispetto, dell’allinearsi, in buon ordine, accoccolandosi nella scia pacificante di una comoda tradizione.
Il fatto di cronaca a cui s’ispira è la lettura pubblica, che Augusto impose a Virgilio, di alcuni estratti dell’ “Eneide”. Era passato già qualche anno dacché gliela aveva commissionata e l’imperatore pretendeva un riscontro. Quel che il poeta fece, fu di offrire una mirabile restituzione, da lui stesso interpretata, del secondo, quarto e sesto libro. Quel che ne sortì fu una performance memorabile, che a tal punto scosse Ottavia, sorella di Augusto e madre di quel Marcello – da poco scomparso e che Enea citava fra le anime incontrate nell’Ade -, da provocarle un mancamento. Ma, al di là questo mirabile effetto alla sindrome di Stendhal, Virgilio stava sommessamente opponendo, all’aspettativa imperiale di uno scritto celebrativo, le miserie cantate e gli strazi di una Ilio che brucia, vinta dal tradimento del cavallo e da un destino contro cui nulla può l’umano volere. Similmente perde di senso la dialettica fra la volontà personale e la forza della ragion di stato, se su tutto incombe il cieco Fato, né ha più alcun valore quella pur trepidante pietas, che talvolta costringe il Virgilio/Enea cantore a interrompersi, vinto dalla commozione e dallo sgomento. E questo suo stesso umanissimo gesto si ammanta della valenza politica e profetica di una Cassandra inascoltata.
Problema: come fare a far arrivare tutto questo?
Dati: Virgilio, la scuola ai tempi di oggi, ma anche una società meccanizzata, che alla bellezza e alla lentezza dei ritmi vitali oppone una furiosa moltiplicazione seriale e depersonificante, in cui perfino il momento sacro e misterioso del nascere viene ridotto a mero processo produttivo.
Così, come in un compito assegnato a scuola, lo svolgimento prevede un processo analitico e risolutivo ben simboleggiato dall’azione scenica del favo attorno a cui tutti si muovono alacremente, che accompagna e non sostituisce l’azione principale. E’ un florilegio di citazioni precise e preziose e di autori mai scelti a caso. Da “La morte di Virgilio” di Broch a “Vite che non sono la mia” di Carrère fino a “Consigli a un giovane scrittore” di Danilo Kiš, alternando lingue e musicalità, che riecheggiano quelle linguae imperii, di cui, in fondo, si sta stigmatizzando la barbarie e profetizzando l’ineludibile caduta. Un aspetto preponderante ce lo ha pure l’apporto musicale: cori di volta in volta presi su piazza, a creare sinergie dal significato ben preciso – qui a Milano il Coro Polifonico Libercanto e il Coro Polifonico dell’Acqua Potabile -, che intonano lai, treni, lamenti funebri e canti bizantini tratti da Taverner.
E qual è la conclusione? La scena fortissima, nel suo algido rigore, della lettura pubblica tenuta da Enea/Virgilio, un efficace Marco Menegoni performer ante litteram, medium di fronte a Ottaviano e al suo consesso. Non il quarto libro – quel che fu “fatale” a Livia -, ma il secondo, quel che racconta la caduta rovinosa di Ilio, celebrando sì gli illustri natali dell’impero, ma fungendo al tempo stesso da sinistro monito. Ecco la risposta, al quesito a proposito della connivenza del cantore rispetto al potere. In controluce la funzione engagé dell’artista, a cui gli Anagoor strizzano l’occhio col loro teatro colto, sofisticato, contaminato. Un teatro che restituisce il senso di scomodare un Virgilio che declama nella lingua dura dell’impero – prima che se ne impossessasse la Chiesa, smussandone la asperità – e che, lui davvero, e non Ilio, brucia di una passione politica, artistica e profondamente umana di contro alla barbarie becera e imperante.
Drammaturgia di Patrizia Vercesi e Simone Derai, pure alla regia, quest’ultimo, in replica al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano, fino a domenica 31/01/2016.
Piccolo Teatro Studio Melato
dal 26 al 31 gennaio 2016
Virgilio Brucia
con Marco Menegoni, Gayanée Movsisyan, Massimiliano Briarava, Moreno Callegari, Marta Kolega, Gloria Lindeman, Monica Tonietto, Emanuela Guizzon, Aglaia Zanetti, Massimo Simonetto, Artemio Tosello
con la partecipazione straordinaria di Marco Cavalcoli
regia Simone Derai; drammaturgia Simone Derai, Patrizia Vercesi
costumi Serena Bussolaro, Simone Derai; scene Simone Derai, Luisa Fabris, musiche Mauro Martinuz
video Simone Derai, Giulio Favotto; musiche Mauro Martinuz
testi ispirati dalle opere di Publio Virgilio Marone, Hermann Broch, Emmanuel Carrère, Danilo Kiš, Alessandro Barchiesi, Alessandro Fo, Joyce Carol Oates
traduzione e consulenza linguistica Patrizia Vercesi
produzione Anagoor 2014
in coproduzione con Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto, University of Zagreb-Student Centre in Zagreb-Culture of Change
Anagoor è parte di Fies Factory e APAP-Performing Europe
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