Made in Ilva alle Theatre Olympics in India. Prima tappa: Patna

La nostra nuova avventura in India inizia dallo stato del Bihar, uno dei più poveri dell’intero paese. Nemmeno il tempo di atterrare a Delhi e decolliamo per Patna, la capitale di questa regione, una delle 17 città in cui si svolge l’ottava edizione delle Theatre Olympics organizzate dalla National School of Drama, la più grande accademia teatrale di tutta l’Asia.

Arrivati a Patna, già nel piazzale del piccolo aeroporto, notiamo che le persone sono quasi tutte macchiate di colore, sui vestiti e in volto. Rosa, violetto, giallo, blu, polvere colorata ovunque. A sorpresa realizziamo che siamo arrivati in India proprio durante l’Holi, una delle più importanti festività indiane, un rito che simboleggia la rinascita e la voglia di resuscitare sotto altra forma, come esseri pieni di vita.

La curiosità per queste particolari celebrazioni ci spingono nelle vie trafficate e trasandate di una città che, a differenza delle metropoli indiane già attraversate, non teme di mostrare il suo volto: persone accampate in strada, bambini seminudi che spuntano da vicoli polverosi, mucche che invadono le pericolose corsie di strade illuminate a stento. Ed è proprio in una di queste vie buie che improvvisamente notiamo un’oasi di colore e musica provenire dall’entrata di un edificio. E’ un normalissimo tempio di periferia, dove la gente sta festeggiando l’Holi. Siamo subito catturati da uno di loro che si offre di traghettarci nelle colorate bolge brulicanti di persone che danzano, cantano, si spargono reciprocamente del colore sul viso. Non siamo nel video dei Coldplay, è tutto vero e non ci resta altro che farci trasportare in questo rituale festoso che sembra darci il ben tornati in India.

Il giorno dopo, entriamo in teatro pronti a dirigere quella ventina di persone che qui caratterizza ogni montaggio. Le precedenti tournée in questo paese ci hanno insegnato a gestire le situazioni tecniche e siamo coscienti del fatto che normalmente i tecnici locali non sono abituati ad allestire spettacoli come il nostro, con un preciso disegno luci e video. Nonostante ciò riceviamo tutto il supporto di cui abbiamo bisogno… e poi, qui in India, se qualcosa non c’è, si costruisce, come il tavolo per la regia su palco che viene tagliato, assemblato e dipinto di nero in pochi minuti. Non abbiamo nemmeno avuto bisogno di trasportare i nostri oggetti praticabili, li abbiamo trovati già in teatro, costruiti secondo le nostre istruzioni. La cosa singolare è che la scala di ferro utilizzata nello spettacolo è stata fatta dello stesso colore della polvere ferrosa dell’ILVA.

Attraversando questa città così povera e decadente ci siamo chiesti più volte quante persone sarebbero venute a teatro e siamo rimasti assai sorpresi quando ci siamo ritrovati di fronte ad un auditorium di 300 posti completamente pieno.

Durante lo spettacolo sentiamo l’emozione del pubblico, una ragazza sta piangendo ed alla fine, verrà ad abbracciarci fortemente dicendoci che gli artisti e le persone di teatro devono resistere al processo di brutalizzazione che caratterizza la nostra era e che è espresso in MADE IN ILVA. Appena giunge il buio finale, parte un applauso fragoroso e la gente si alza in piedi. Siamo subito richiamati sul palco per ulteriori complimenti e per parlare del processo di creazione della nostra opera. Le domande sono moltissime. Ci colpisce la richiesta di un gruppo di giovani, che fanno teatro a Patna che ci chiedono cosa possono fare per impostare un lavoro continuativo, che li porti a compiere una ricerca e a raggiungere risultati in scena come quelli appena visti. Tra i vari consigli ci teniamo a sottolineare come possano partire da ciò che appartiene loro, ciò che si cela nella ricchissima tradizione performativa indiana, elementi quali l’uso dello sguardo, delle mani, propri di tradizioni millenarie. Anche in camerino le visite del pubblico continuano tra le richieste di selfie con noi, ulteriori domande e consigli. Un giovane per ringraziarmi si abbassa a toccarmi i piedi e le caviglie in segno di rispetto. Siamo onorati di questo gesto che ci ricorda la sacralità di quello che facciamo e del teatro in generale.

Il giorno dopo, i giornali sembrano parlare solo di MADE IN ILVA le cui foto invadono le copertine. Questo ci fa capire come ci sia bisogno, in un paese in forte crescita come l’India, di un teatro nuovo, diverso, in grado di parlare di temi e problematiche sociali attraverso la sperimentazione contemporanea. Ma non sono gli articoli che rimarranno nella nostra memoria bensì le reazioni del pubblico, i loro gesti, le loro parole, tra queste in particolare un poema scritto appositamente ed ispirato dalla visione del nostro spettacolo, di cui vorremmo citare alcuni versi:

“ […] Listen, the country is filled with engineers Now
and a steel factory has opened here also.
Man is turning into mechanical creature now.
My day starts now
My day starts now
My day starts now
My day starts now
I will stand I will speak I will resist against brutality
I will stand I will speak I will resist against brutality.
I raise I uttered with a shriek
I fight against brutality
I raise I uttered with a shriek
I fight against brutality
Keep alert keep alert keep alert
keep alert keep alert keep alert
Only see don’t speak
Only see don’t speak
Open your eyes close your mouth
Open your eyes close your mouth
move move move move move
move move move move move […]”

Continua a seguire il  worldtour2018 sui nostri social e non perdere il prossimo racconto di viaggio, sempre per la rubrica instabilivagantiontour su fatti di teatro

Instabili Vaganti
Follow us

Articoli correlati

Condividi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Fatti di teatro - il podcast (ultimo episodio)

Vuoi ricevere "fattidinews" la newsletter mensile di fattiditeatro?

Lascia il tuo indirizzo email:

dicembre, 2024

X