Si sono concluse domenica a Genova le due settimane “clou” della nona edizione della rassegna di danza contemporanea Resistere e Creare a cura del Teatro della Tosse. In dicembre ci saranno due succosissime “code”: il 2 e 3 con Sonoma di La Veronal e il 21 con la prima nazionale di Please Come di Chiara Ameglio, Fattoria Vittadini. Nei giorni scorsi ho fatto qualche domanda a Linda Kapetanea e Jozef Fruĉek fondatori della compagnia RootlessRoot e direttori artistici, con Marina Petrillo, della rassegna.
Simone Pacini: Siamo quasi alla fine del vostro secondo anno di direzione artistica della rassegna Resistere e Creare al Teatro della Tosse. Vi va di fare un breve bilancio di queste prime due edizioni?
Linda Kapetanea e Jozef Fruĉek: In questi due anni al festival abbiamo aperto il dibattito attraverso i progetti che ospitiamo. Perché attraverso le storie che prendono vita in scena possiamo prendere coscienza, ispirarci, sognare, immaginare le cose in modo diverso. Vogliamo che le opere interessino il pubblico e mobilitino il suo pensiero, i suoi sensi, le sue riflessioni. La grande sfida è sempre quella di connettere ancora di più la città con la sua istituzione culturale e di aprire il festival a tanti tipi di pubblico dentro e fuori Genova per diventare più “estroverso” e più aperto a tutta la società. Tutto questo per mostrare al mondo il potere dell’arte della danza, una delle forme più antiche se non la più antica di arte umana, direttamente correlata alla narrazione, al movimento, al rituale e alla vita stessa. Per il futuro, vorremmo che Resistere e Creare acquisisse maggiore autonomia e dimensione per poter realizzare le proprie produzioni, chiamare artisti senza vincoli tecnici ed economici e immaginare eventi artistici con maggiore libertà di movimento. Vorremmo infine poter dialogare con tutti i campi dell’arte e del sapere provenienti da tutto il mondo. Adesso stiamo creando una composizione di progetti già pronti.
SP: In questi due anni avete presentato le vostre creazioni al festival. Come vi trovate a lavorare a Genova? Come siete entrati in contatto col Teatro della Tosse?
LK e JF: Lavorare con Marina Petrillo e le persone del teatro è un piacere. Fino ad ora abbiamo avuto un’ottima collaborazione e non vediamo l’ora di incontrarli di nuovo. Marina ha scoperto nel 2015 la nostra compagnia Rootlessroot e ci ha invitato a eseguire il nostro duo. Da allora abbiamo realizzato altri 3 spettacoli. Marina è aperta a qualsiasi idea e a qualsiasi discussione. Ci dà la libertà di sperimentare nel nostro lavoro e anche di collaborare al programma.vIl pubblico a Genova è molto accogliente e si sente che ama la danza.
SP: Silence, lo spettacolo in scena quest’anno, ha avuto un grande successo in sala con un applauso interminabile. Da quali suggestioni nasce lo spettacolo?
LK e JF: Se c’è qualcosa che è stato brutalmente bandito dalla nostra attuale era di tecnologia e informazione, questo è sicuramente il silenzio. L’onnipresente raffica di attività umane provoca un rumore senza fine. Oltre al silenzio, sembra venir meno anche la capacità di ascolto. Ma cos’è il silenzio? Che dimensioni può assumere? In questo spettacolo cerchiamo di creare un mondo dedicato al silenzio e al suo potere. All’inizio esploriamo un universo sconosciuto dove il silenzio comunica con tutti coloro che lo ascoltano attentamente, con tutti coloro che conversano con esso e utilizzano ciò che ha da offrire loro. Il silenzio è trattato come una condizione assoluta, confrontando coloro che vi partecipano con il mistero di se stessi e del mondo in generale. Intendiamo il silenzio a volte come luogo di riflessione, pensiero critico e memoria, a volte come luogo di fede, preghiera e incontro con il divino. Il silenzio diventa lo spazio del movimento prima del movimento stesso o dell’azione vera e propria.
SP: Personalmente, oltre alla la grande energia messa in campo, ho apprezzato molto le scene costruite con gli oggetti come le corde e i tessuti. Utilizzare oggetti in scena é una caratteristica delle vostre creazioni?
LK e JF: Sì, l’oggetto è affascinante. Ci affascina l’oggetto come estensione del corpo, l’interazione tra oggetto e corpo. Ci interessa ampliare l’orizzonte del gesto e l’oggetto come influenzatore del movimento del corpo. Influenzando l’espressione e la richiesta di energia, l’oggetto può creare un linguaggio visivo di grande impatto.
SP: Cosa sta succedendo nel panorama greco della danza contemporanea? Mi fate un veloce panorama?
LK e JF: La danza contemporanea in Grecia si sta sviluppando e si è già distinta attraverso i nostri danzatori e coreografi all’estero. Tutto questo è iniziato molti anni fa, soprattutto da parte dei danzatori, che hanno iniziato a collaborare con importanti gruppi di danza internazionali. Successivamente è stato fatto un grande passo avanti nella coreografia e spero che questa tendenza al rialzo continui con la stessa dinamica in entrambi.
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