Tournée da Bar: Shakespeare libera tutti

“Shakespeare libera tutti!”. E’ iniziata così, la replica del 25 aprile, anniversario di una ben più epica Liberazione – eppure il goliardico grido iniziale ha restituito perfettamente il senso dell’operazione. Tournée da Bar. Siamo al quarto anno. Dopo un paio di edizioni –  “Tritacarne Italia Show”: un irriverente burattino a sua immagine, a cui Davide Lorenzo Palla mette in bocca ciò che non sarebbe prudente dire, altrimenti -, già l’anno scorso l‘idea. Si parla tanto della necessità di intercettare nuovi segmenti di pubblico e della difficoltà di piazzare spettacoli in un mercato teatrale fin troppo saturo di proposte anche se spesso sprovvisto di strumenti economici adeguati. Ed ecco che, in un giro di do col polistrumentista Tiziano Cannas, Davide Palla e Riccardo Mallus – rispettivamente attore e regista dei Calibro Nottescommettono sulla possibilità di portare il teatro nei bar. E a pensarci, no: non sono poi così diversi, in fondo, questi moderni templi della socializzazione e del divertimento, da quel The Globe Theatre elisabettiano, in cui i sudditi venivano intrattenuti nella licenziosità di uno spazio, che non pretendeva una fruizione dell’opera drammaturgica pura – ma era al contempo luogo di incontro, scambio conviviale, d’affari e amoroso.

leggio
Così già nel maggio scorso, un paio di cassette della frutta rovesciate a far da improvvisato palco – quelle stesse che, a fine serata, istantaneamente di trasformano in capienti ‘cappelli’ per generose offerte -, Palla/Cannas decidono di prendere il toro per le corna e propongono un “Otello” dall’alchimia immediatamente azzeccata. Quest’anno il bis shakesperiano – chissà, forse in vista di una trilogia – con “Romeo e Giulietta”. Molte le novità di quest’edizione – dalle jam session alle cene a tema o aperitivi oper air, dalle letture poetiche ai tornei di ping pong e calcio balilla, fino ad un interessante “servizio di consulenza per giovani artisti e professionisti dello spettacolo, a prezzi popolari e con aperitivo annesso”. Però lo spirito resta comunque quello: fare cultura – divulgazione ed intrattenimento -, ma anche fare politica. “Il teatro è politica”, è stato detto: il riferimento è all’inevitabile indotto aggregativo, quanto meno, e partecipativo, che un’arte collettiva come questa non può non comportare.
“La passione presterà a loro la forza, il tempo, i mezzi e il modo” è lo stralcio dal coro del III atto, in cui risuona una qual certa ironia, se pensiamo alla potente e dispendiosa macchina Expo2015, i cui risultati si testeranno, qui a Milano, giusto a partire da qualche giorno,.
Artisticamente, però, è lì che si apprezza la più evidente delle novità. Da Palla mattatore – confermata tutta la sua potenza evocativa e istrionica, nonostante tematiche altrettanto coinvolgenti, ma più volatili e rarefatte delle sanguigne e sordide passioni che ribollivano nelle viscere del Moro -, si passa ad una co conduzione col più garbato Enrico Pittaluga. Non una rigida distribuzione di ruoli – a turno, si scambiano le parti, scivolando dentro e fuori dai vari personaggi così come dai momenti di raccordo, coro, prologo e commento. In fondo un po’ come due amici al bar, che “se la contano sù”, come si dice, ma in tridimensionale – alternando momenti performativi e gigioneschi, alle più liriche letture a leggio. Le parole, a tratti, son proprio quelle di Shakespeare; i racconti, per contro, spesso vivacizzati da evocazioni per immagini. Il pubblico ascolta divertito e attento – incuriosito dall’intelligente e curata formula di questi moderni menestrelli, che, camiciotto sbuffato e gilet o basco  con tanto di piuma, giocano a ricreare la suggestione del tempo con un occhio, chissà, pure forse al giullare Dario Fo.

camuffo
Quel che ne esce fuori è un prodotto in crescendo – col passar delle repliche i due si tarano, modulando i pur differenti modi di stare in scena -, che non tradisce la formula della passata edizione. Ancora una volta lo spettacolo mixa fedeltà al testo e innovazione goliardica – così il promesso sposo di Giulietta, ad esempio, il conte Paride, nella festa mascherata dell’atto terzo, scena seconda,  viene buffamente immaginato vestito da panzerotto, con tutta l’esautorante ilarità che  questo suscita. Si arricchisce di supporti scenici – i costumi, a tratti, caratterizzano, ridicolizzandoli, certi personaggi: nella scommessa di accattivarsi un ascolto maggiormente attivo da parte del pubblico, coinvolto pure in brevi interventi e coreografie. Si indugia meno che nell’ “Otello” nella spiegazione teorica e nel meta teatro, ma senza rinunciare a raccontare quel modo tutto shakesperiano di andare a teatro – “Mangiate, bevete… amatevi!” è il malizioso  invito, che, al di là di tutto, restituisce agli increduli non addetti ai lavori lo spirito dell’epoca.
Ancora una volta, si sceglie una tesi da cavalcare: fino alla fine. E’ la “linea dell’odio” fra le due famiglie, stavolta – da subito evocata come sinistro spartiacque a divorare il centro scena nella piazza di Verona e che viene ripreso come tarlo tacito eppur dichiarato, nello snocciolarsi della narrazione. E’ la linea dell’odio – e del pregiudizio -, quel che precipita la storia d’amore fin da subito in tragedia, involontariamente macchiando le candide mani dell’innamorato esangue. E’ il rifiuto di questo stigma, quel che Palla e Pittaluga brandiscono, supportati dai fiati struggenti, dalla fisarmonica, dal graffiante violino elettrico o dalla pianola buona per tutte le stagioni di Cannas, ispirato agevolatore di  atmosfere – tanto più prezioso, data la comprensibile mancanza di un piano luci variabili. Così, alternandosi, incrociandosi, balzando da una cassetta all’altra – duettando, sfidandosi, quasi, a singolar tenzone -, i due attori figli della commedia dell’arte, ma poi anche di tanta tv d’intrattenimento, sciorinano la storia dei giovani amanti, suscitando emozioni – intensi i pezzi a fil di microfono -, ma senza mai scordare l’intento ludico e divulgativo, oltre che incarnare quella passione teatro che non può non essere che contagiosa e politica – come tutto ciò che davvero ha a che fare con la vita.
Non resta che il gran finale, per assistere allo spettacolo: giovedì 30, al Bar Doria di via Plinio – nello stesso luogo in cui, oramai per tradizione, la tournée s’inaugura e si conclude. E, per chi se l’è perso, a seguire l’ “Otello”, dal 3 al 5 maggio, sempre e solo nei migliori bar di Milano.

Francesca Romana Lino

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marzo, 2024

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