“Verso Medea” di Emma Dante ha debuttato a Arezzo. Intervista alla regista siciliana

Lo scorso 3 agosto, all’interno di Icastica ad Arezzo, è stato presentato in prima nazionale lo spettacolo “Verso Medea” di Emma Dante. Erano anni che aspettavo che la regista palermitana fosse invitata con uno spettacolo e con la sua compagnia ad Arezzo. La regista è stata premiata con il premio Icastica per la drammaturgia contemporanea consegnatole alla fine dello spettacolo. Segue l’intervista che ho avuto il piacere di scambiare con Emma Dante e con i  due fratelli musicisti  e compositori Enzo e Lorenzo Mancuso.

"Verso Medea", foto di Tommy Ilai
“Verso Medea”, foto di Tommy Ilai

Claudia Roselli : Cara Emma è stato molto bello poter assistere alla prima di “Verso Medea” in Piazza San Domenico ad Arezzo. Anni fa passeggiavo nei vicoli di una qualche città italiana e ricordo che vidi una locandina fuori di un teatro con il tuo nome; lo spettacolo era Medea. Decisi di affacciarmi, anche se era primo pomeriggio ed era immaginabile che lo spettacolo non si sarebbe svolto sino alla sera. Nel buio della sala mi sorprese molto la scenografia: operai al lavoro la stavano ultimando. Purtroppo non potei fermarmi sino alla prima dello spettacolo, era il 2003. In questa tua seconda versione di Medea sono rimasta molto colpita dalla semplicità della scenografia. Come mai questa scelta così diversa? Quali differenze ci sono nei due spettacoli? Nella poetica che li caratterizza? Nelle intenzioni?

Emma Dante : I due spettacoli sono molto diversi non solo per l’essenzialità che ho voluto cercare in quest’ultimo, ma anche perché quest’ultimo rispecchia di più la mia poetica e quella della compagnia. Lo spettacolo è interpretato da attori che lavorano con me da tanti anni e che seguono lo stesso percorso e studiano la stessa lingua teatrale. Poi non c’è scenografia e la musica e il racconto sono gli unici elementi narrativi della storia. Mi sembra che questo metodo funzioni meglio per restituire allo spettatore il senso della tragedia.

C.R.: Emma puoi spiegarci meglio qual è la tua poetica? E quanta sicilianità e quanta antichità ci sono, ancora oggi, nella tua ricerca?

E.D.: La mia poetica è sempre in evoluzione, non sta mai ferma. Cerchiamo sempre una strada, una nuova domanda, un’altra riflessione, partendo sempre dalla tradizione e dalla cultura popolare.

C.R.: A quale Medea ti sei ispirata per creare questo tuo secondo lavoro sulla figura mitica di questa donna greca?

E.D.:  Mi sono ispirata alla Medea di Euripide ed alle madri infanticide contemporanee che si leggono spesso nella cronaca nera.

C.R.: Che legami vedi o hai visto tra la tua terra e la figura di donna, narrata in Medea?

E.D.: La mia terra ha delle similitudini con Medea, è una madre che concepisce e poi allontana i figli, una madre terra degenere che però è in grado di generare e mettere al mondo figli meravigliosi.

C.R.: Come mai hai scelto Medea gravida?

E.D.:  Perché volevo che fosse l’unica donna capace di generare e perpetuare la specie in un paese abitato solo da uomini e quindi sterile.  Medea punendo Giasone punisce la sua stirpe intera, negandone la sopravvivenza.

C.R.: Come mai hai scelto un coro di uomini per rappresentare le donne greche?

E.D.:  Per ciò che ho detto prima sulla sterilità e poi perché in realtà nella messinscena classica della tragedia greca non era contemplata la presenza delle donne che venivano interpretate da uomini, appunto.

C.R.: Che cosa vedi in Giasone? Quale aspetto della mascolinità vuoi narrare attraverso la sua figura?

E.D.:  Giasone è un arrivista, mondano, uomo velleitario ed egoista. Non ho una buona considerazione di lui.

Verso Medea, foto di Tommy Ilai
“Verso Medea”, foto di Tommy Ilai

C.R.: Qual è il significato della danza di Medea? 

E.D.: Lei è una barbara, fattucchiera, ammaliatrice. Sa sedurre con doti femminili, sa prendersi gioco degli uomini, seducendoli.

C.R.: Che importanza ha la musica in questo spettacolo? Hai fatto una ricerca particolare, per ricreare delle atmosfere antiche? 

E.D.: La musica ha un’importanza fondamentale, è l’anima della tragedia, commenta gli stati d’animo dei personaggi e porta verso una catarsi. Ti consiglio di intervistare i fratelli Mancuso sulle musiche, le hanno composte loro per questo spettacolo.

C.R.: Cari Enzo e Lorenzo Mancuso, che cosa cantate esattamente durante lo spettacolo? C’è un relazione tra i testi della canzoni in Siciliano e la storia di Medea?

Enzo e Lorenzo Mancuso : Si, tutti i brani hanno una relazione con la drammaturgia dell’opera. Ad eccezione del quarto e quinto brano e della introduzione che è la traduzione in siciliano di un frammento del testo di Euripide.

"Verso Medea", foto di Tommy Ilai
“Verso Medea”, foto di Tommy Ilai

C.R.: Il quarto e quinto brano invece da cosa provengono? Li avete scelti per la loro assonanza di atmosfere musicali con le emozioni cieche del testo? 

Enzo e Lorenzo Mancuso: Il quarto brano è una nostra composizione recentissima. Il testo è composto dalle ultime parole di Cristo sulla croce: Deus meus, Deus meus, ut quid me derequisti, ed è cantato in latino e greco antico. Il quinto brano è una composizione interamente cantata  in un intraducibile grammelot.

C.R.: Come avete lavorato per creare la relazione tra l’atmosfera musicale e le immagini evocate dal testo? 

Enzo e Lorenzo Mancuso : La figura di Medea, il gesto degli attori, le parole e le espressioni da loro utilizzate per incarnare quel mondo, appartengono a una idea di umanità che non ci è stato difficile immaginare e tradurre in musica.

C.R.: Che cosa vi aveva chiesto Emma? Cosa cercavate esattamente attraverso la musica? 

Enzo e Lorenzo Mancuso: Cercavamo una musica che abitasse il tempo, un canto gravido di memoria e di ribelle compassione per la orfanità del mondo.

C.R.: Emma, qual è la forza e quale la fragilità di questa donna?

E.D.: Medea è libera, da tutto e da tutti, questa è la sua grande forza. Ma la libertà la porta a sovvertire le regole e a diventare nemica di tutti. Questa condanna alla solitudine è la sua più grande debolezza.

C.R.: Perché hai deciso di parlare ancora di lei? Cosa significa per te oggi Medea?

E.D.: Medea è un mito e come tutti i miti racchiude in sè il mistero ed il tormento dell’essere umano. Io adoro interrogare la mitologia, trovo che parli di noi, sempre. Che racconti la contemporaneità, aiutandoci a capire gli errori.

C.R.:  Hai dei nuovi progetti per il futuro? Ne vuoi parlare?

E.D.: Ho tanti progetti, sì. Il debutto di due spettacoli per esempio: “Le sorelle Macaluso” e “Operetta Burlesca”: il primo è la storia di sette sorelle e il secondo la storia di Pietro, un travestito che perde il suo grande amore.

C.R.: “Le sorelle Macaluso” è uno spettacolo legato alla tua terra? C’e’ anche qui l’uso della lingua siciliana, della simbologia ritualistica?

E.D.: Si è uno spettacolo che parla di una famiglia del sud essenzialmente composta da donne, sette sorelle appunto.

C.R.: Come mai, con “Operetta Burlesca” torni ad indagare il tema della omosessualità, già affrontato in “Mishelle di Sant’Oliva” e “Le Pulle”? Cosa ti incuriosisce e vuoi narrare dei territori tra il maschile ed il femminile, del transgender? 

E.D.: Mi interessa abolire i tabù, cercare una natura buona nell’essere umano che ha paura del diverso e lo condanna a prescindere: senza pietà, senza amore. “Operetta Burlesca” è uno spettacolo sull’amore prima di tutto e sulla possibilità di comprensione e rispetto verso l’altro.

C.R.: Grazie Emma. Buon lavoro. 

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