A febbraio Renato Cuocolo e Roberta Bosetti prendono casa al Funaro

Il teatro nella casa porta alla distruzione della domesticità. Dal lavoro affiora quello che c’è di non addomesticabile nella domesticità.

Renato Cuocolo, Roberta Bosetti

Cuocolo/Bosetti. Effetti personali: un mazzo di chiavi, una mappa, una copia de L’io e l’Es di Freud, una raccolta di poesie della Dickinson, un diario, due passaporti, un foulard, una parrucca.

Mi sono innamorata di Renato Cuocolo e Roberta Bosetti prima di conoscerli. Prima di sapere esattamente chi fossero e cosa facessero ho trovato in casa, su uno scaffale, una copia di The Secret Room: un diario (edito da Teatro delle Ariette Libri), con una dedica gentile a Sergio Maifredi, all’epoca vicedirettore del Teatro della Tosse, per cui lavoravo. Mi sono messa a leggere (sorvolando sull’affascinante ipotesi di scoprirmi improvvisamente cleptomane) ed ho subito messo fuoco che quel libro, fin dalle prime pagine, diceva di una prospettiva sulla vita e sul teatro ma soprattutto sulla relazione tra vita e teatro nodale, almeno per me. Non è il caso di farla tanto lunga sul fatto che chi sceglie di lavorare in teatro, davanti o dietro le quinte, ha idee originali su quelli che, per buona parte degli altri abitanti del pianeta, sono i limiti invalicabili tra vita e lavoro. Per essere più precisi, spesso c’è una la volontà (o il piacere) di rendere labile quel confine. Si tende a non considerare il Teatro un lavoro (con conseguenze, in alcuni casi, nefaste). Incontrare allora lo scritto di una compagnia composta da due individui, che sono poi anche marito e moglie, che di questo concetto fanno quasi il perno della loro attività di ricerca, non solo mi suonava familiare ma anche di conforto.

Roberta Bosetti nella casa di Vercelli (una betulla, dal piano terra, cresceva in soggiorno attraverso il buco).
Roberta Bosetti nella casa di Vercelli (una betulla, dal piano terra, cresceva in soggiorno attraverso il buco).

Il fatto è che poi li ho anche visti all’opera e quello che avevo letto è sembrato una pallida fotocopia anche della mia più rosea fantasticheria ed elucubrazione, sul tema. Si possono spendere tante parole sulla “teoria di Cuocolo/Bosetti” e tante se ne sono spese a varie latitudini, in tanti paesi, di tante culture diverse, nel mondo ma quello che conta è il punto di cottura emotivo a cui portano chi assiste ad un loro spettacolo. La menzogna si dosa finemente con la realtà, si rende evidente che il racconto autobiografico è solo una possibilità di indagine ma non necessariamente la verità sulla natura profonda dell’Io. Soprattutto appare lampante che l’atto di fingere a volte, dice di più che impegnarsi a essere se stessi. Insomma vanno provati! Sì, “provati”: bisogna farne esperienza perché questo genere di spettacoli rientra fra quelli cui sta stretta l’etichetta di “rappresentazione frontale”.

Se, come dice Roland Barthes “Si fallisce sempre nel parlare di ciò che si ama” è meglio che mi fermi qui. Sono, però molto contenta di iniziare la compilazione di questo blog con Cuocolo/Bosetti per varie ragioni: gli “effetti personali” sono i loro strumenti di lavoro, gli effetti che personalmente producono in me sono fra quelli che vorrei tenere se domani perdessi la memoria di tutto quello che ho visto a teatro, lo sguardo in soggettiva è la loro forza e averli incontrati fa sventolare la bandiera della mia parzialità con più allegria.

Renato Cuocolo e Roberta Bosetti
Renato Cuocolo e Roberta Bosetti

Ciò che segue è quello che Renato e Roberta scrivono di MM&M Movies, Monstruosities and Masks, il nuovo spettacolo della Compagnia, che sarà presentato al Funaro di Pistoia, in forma di studio, il 27 e 28 febbraio 2015 e che aprirà, in giugno, la XX edizione del Festival delle Colline Torinesi.

“Cuocolo/Bosetti prendono casa al Funaro” è il titolo che si è voluto dare a questo progetto lungo un mese (i dettagli su www.ilfunaro.org) che prevede, oltre ad MM&M (anche esito della residenza artistica nel Centro Culturale toscano), altri due spettacoli (Serata Dickinson, il 7 febbraio, il “duro a tramontare”, con le sue oltre 1600 repliche nel mondo, The Secret Room, dall’11 al 15 febbraio). In calendario anche un laboratorio dal titolo Teatro e Domesticità. Il Teatro nelle case (il 21 e 22 febbraio).
L’incontro fra il Funaro e Cuocolo/Bosetti non avviene a caso: evidenti sono i punti di contatto fra queste due esperienze, entrambe piuttosto originali per il “sistema teatro”, in Italia.
Il Centro pistoiese se non è una casa di certo non è un teatro in senso tradizionale. Il valore che tutti, unanimemente gli riconoscono, dallo scrittore francese di fama al nonno che accompagna il nipote al corso di recitazione, é la cultura dell’accoglienza, che lo ha reso desiderabile, in poco tempo, a pubblico e artisti, anche fuori dai confini nazionali. Cosa condivide con Cuocolo/Bosetti?
Per tentare una sintesi. Intanto l’ospitalità, appunto, come perno della relazione: gli spettatori di Cuocolo/Bosetti sono anche ospiti della Casa, il Funaro è anche una residenza, ospita per definizione; una connotazione allo stesso tempo intima e internazionale, la cura del rapporto “uno a uno”, la passione per il piccolo, che vuol dire anche piccoli numeri, dimensioni ridotte (ma non elitarismo), per quella lentezza che ha fatto definire il posto, ad Andres Neumann (consulente artistico e strategico del Funaro al 2013) “culla dello slow show”. Infine, ancora, quel sottile confine tra vita e teatro, fin dalle fondamenta: Cuocolo/Bosetti sono una coppia, il Funaro nasce dal sogno di quattro donne, amiche.

Roberta Bosetti nella cucina della casa di Vercelli
Roberta Bosetti nella cucina della casa di Vercelli

MM&M
Movies, Monstrosities, and Masks

I racconti degli altri, i film, la televisione, i libri, le immagini, insieme ai nostri genitori ci hanno tirato su, ci hanno intrattenuto, confortato, imbrogliato, disciplinato e ci hanno detto che cosa potevamo e che cosa non potevamo fare. E hanno giocato un ruolo importante nel trasformarci, non in una persona, ma in tutte le persone buone o cattive che ci sono arrivate attraverso quello che abbiamo letto, visto e ascoltato. Abbiamo un teatro nella testa.

MM&M si interroga sull’identità e sulla natura artificiale di ogni autobiografia. Partendo da elementi autobiografici affrontiamo il rapporto realtà/finzione e l’ambigua relazione tra attore/persona e personaggio.
Esiste un’autobiografia di noi come spettatori. Il film è un pezzo di vita di ciascuno spettatore. E i titoli di coda, le luci che si riaccendono in sala segnano la fine di un frammento di esistenza vissuto guardando uno schermo. Nella nostra autobiografia come spettatori il cinema rappresenta una nuova dimensione dell’esperienza. Un luogo in cui il fantastico si fa verosimile, anzi quotidiano. Un luogo che muta la nostra percezione della realtà e di noi stessi: quella conscia e quella inconscia, i sogni e i ricordi.
Anche le memorie si impastano di immagini, di cinema di fotografia, e la percezione del passato, non solo quello personale, ma anche quello collettivo, è tinta di bianco e nero o dei colori caldi degli anni cinquanta e sessanta, l’età dell’oro della cinefilia.
Con MM&M cerchiamo di costruire l’identità personale e il tempo della vita sulla base di tagli e piani cinematografici.
MM&M è un viaggio dai confini incerti, fra i sentimenti che proviamo e quelli che ci rappresentiamo, fra quello che pensiamo di essere e quello che siamo costretti ad essere. Illusione, rappresentazione, finzione si sovrappongono e infine diventano una cosa sola con quello che é.
MM&M è uno spettacolo sull’identità. Sull’esplorazione dell’identità, considerando che uno é tanto più autentico quanto più è vicino a quello che ha sognato di essere.

Per far questo MM&M attinge a una narrativa che si costruisce su quegli spezzoni di film che quasi inconsciamente ci hanno accompagnato nella nostra vita. Cultura alta e cultura popolare mischiate insieme, alla ricerca della costruzione di una biografia immaginaria. Piccoli spezzoni, frasi di film, scene memorabili che ci hanno costruito. Un autoritratto come un altro.

C’è un’omologia tra cinema e mente ed è chiaro che la parentela è con l’inconscio. Il cinema è una macchina dei fantasmi. Quella del passato che ritorna, del perturbante. La ripetibilità delle immagini e loro deperibilità. Al centro, in profondità l’immagine della morte.
Sullo schermo c’è qualcosa che non cessa di morire, un tempo costretto nello scorrere della pellicola, il cinema è la morte al lavoro 24 fotogrammi al secondo sul volto degli attori. Maschere e mostruosità.

Il cinema come luogo narcisistico di identificazione immaginaria. MM&M affronta l’equazione schermo uguale specchio che rimanda la nostra immagine ma anche quello che alla nostra immagine manca. In un processo in cui questi frammenti inconsci di film, visti in periodi diversi della nostra vita, superano i loro limiti, approfondiscono le loro prospettive, non smettendo mai semplicemente di cambiare.

Cuocolo/Bosetti
IRAA Theatre

 

 

Elisa Sirianni

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