Il festival Internazionale del Kerala: nella giungla delle tradizioni

30 gennaio 2019
Alleppey, India

La prima puntata del worldtour2019 la scrivo immerso nella rigogliosa giungla e le stagnanti Back Waters del Kerala, con un sottofondo musicale di canti e danze proveniente da un tempio poco distante.

“God’sown country” è una frase spesso associata al Kerala, regione meridionale della grande India. “La terra di Dio”, o forse nel caso di questa striscia di terra tra il mare Arabico e la catena montuosa dei Ghati occidentali, dove coesistono più religioni, sarebbe meglio dire “terra delle divinità”.

E’ in questo luogo sospeso nel tempo dove le arti tradizionali più antiche di tutto il sub continente affondano le proprie radici, che si svolge la prima tappa del nostro lungo tour che, tra la fine di gennaio e l’inizio di marzo, attraverserà tre festival internazionali tra India e Nepal.

Il nostro viaggio verso Cochin, una delle maggiori città della Regione, famosa per la sua Muziris Biennale d’arte contemporanea, è lungo e pieno di imprevisti che rischiano di mettere subito in crisi tutta la tournée. Per un errore nel nominativo stampato sul biglietto,  al nostro tecnico luci non viene concesso di salire a bordo e siamo costretti a prenotare un altro volo il giorno stesso. Ci raggiungerà il giorno seguente a Thrissur, sede dell’Accademia teatrale che organizza l’ITFOK – International Theatre Festival del Kerala, appena in tempo per il montaggio nella Black Box, dove si terranno le tre repliche ravvicinate de “Il Rito”, spettacolo che il comitato dell’ITFOK, ha scelto per rappresentare l’Italia, ma potremmo dire l’Europa al Festival, dato che gli altri paesi di provenienza delle compagnie internazionali invitate sono l’Iran, il Vietnam, la Malaysia, lo Sri Lanka ed ovviamente la stessa India.

Il Rito

Siamo nei giorni finali di programmazione, dove si concentrano gli spettacoli più attesi, per cui piombiamo di colpo nella macchina del festival in piena corsa, e prima di chiuderci nella “tanto cara” scatola nera, abbiamo giusto il tempo di assistere ad uno spettacolo di Water puppets, forma tradizionale di teatro d’animazione vietnamita, che ha luogo in una grande vasca d’acqua di fronte ad una enorme scenografia che riproduce la facciata di un tempio.

Il copione dei festival indiani lo conosciamo a memoria ormai, lunghi ed estenuanti montaggi notturni, poche ore di sonno e in scena per una replica dopo l’altra dello spettacolo. L’Happy End è sempre il pubblico, che riempie il teatro ad ogni replica. Se fossimo al fringe di Edimburgo posteremo sui social un bel “Sold Out”, ma qui è la regola, anzi il nostro show è overbooking.

Portare in un luogo così ricco di tradizioni vive, uno spettacolo come Il Rito, esito di un processo di rielaborazione e attualizzazione delle tradizioni performative che va avanti da oltre 12 anni, nell’ambito del progetto di ricerca Stracci della memoria, è un’operazione molto interessante. Prima di tutto perché ha posto il pubblico del Kerala di fronte ad una nuova possibilità: lavorare nel contemporaneo a partire dalle proprie radici e tradizioni. La loro curiosità si riversa subito sull’utilizzo del corpo e della voce da parte dei performer, qualità rara nel teatro Indiano, basato sempre di più sul testo da un lato, sulla ripetizione e conservazione di forme tradizionali dall’altro. A differenza però di altri festival, ai quali abbiamo partecipato nelle gradi città indiane, notiamo un certo imbarazzo a porre domande e condividere impressioni, soprattutto durante gli incontri “Meet the artist” organizzati le mattine seguenti agli spettacoli. Il pubblico del Kerala è sicuramente meno educato ad assistere ad un teatro contemporaneo, molti spettatori parlano solo il Malayalam, la lingua locale nella quale sono stati preparati anche i sottotitoli del Il Rito, seppur recitato in Inglese, ed i cui simpatici ghirigori riempiono gli articoli e le recensioni sul nostro lavoro.

Un estratto della rassegna stampa indiana dello spettacolo

Per questi motivi è ancora più importante portare avanti quello che è l’unico festival teatrale interazionale di tutta la Regione. Lo sanno bene i direttori artistici e gli organizzatori, che hanno visto questa edizione del festival minacciata dalla grande alluvione dello scorso agosto, che ha messo in ginocchio il Kerala.

Eppure, rimboccandosi le maniche, anche questa edizione ha riscosso molta partecipazione e attraversando la regione non si ha minimamente l’impressione di un recente disastro.

Tre repliche in soli due giorni non ci hanno permesso di vedere altri spettacoli e conoscere gli artisti presenti al festival, ad eccezione di una compagnia della Malaysia il cui interesse comune per le forme performative tradizionali del Kerala, ci ha portato in un villaggio nei pressi di Thrissur per vedere uno spettacolo di Kudiyattam, l’unica forma di teatro in Sanscrito sopravvissuta, nonché una delle tradizioni performative più antiche al mondo. Assistiamo a Draupadi, straordinaria performance, di circa due ore, di Usha Nangiar, che attraverso quest’arte millenaria narra alcuni episodi del Mahābhārata.

Un momento dello spettacolo di Kudiyattam

Il festival si chiude lo stesso giorno della nostra ultima replica, e noi, con indosso la maglietta dell’ITFOK ripartiamo alla volta di Cochin, in viaggio verso le prossime tappe del tour.

 

La tournée è sostenuta dalla Regione Emilia-Romagna e dagli Istituti Italiani di Cultura di Mumbai e New Delhi.

Le prossime tappe del  worldtour2019 si terranno nell’ambito del Bharat Rang Mahotsav, Festival Internazionale di Teatro organizzato dalla National School of Drama di New Delhi, con due repliche dello spettacolo DESAPARECIDOS#43 l’11 febbraio a New Delhi e il 13 febbraio a Mysore. Continua a seguire la  tournée sui nostri social e non perdere il prossimo racconto di viaggio, sempre per la rubrica instabilivagantiontour su fatti di teatro

 

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